Studio del Bmj spinge a favore di Nutriscore come indice di cibo sano

22 Settembre 2020

Nutriscore segna un punto a suo vantaggio grazie ai risultati di una nuova ricerca, pubblicata sul British medical journal, che ne supportano l’impiego come indicatore di qualità del cibo.

Uno studio che farà discutere, considerato che diversi paesi in Europa, compreso il nostro, da tempo osteggiano l’adozione dell’ “etichetta a semaforo”, invisa in particolare all'industria agroalimentare.

Nutriscore, ricordiamolo, è un sistema di etichettatura sviluppato in Francia che semplifica l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare utilizzando due scale correlate: una cromatica, divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, e una alfabetica, comprendente le cinque lettere dalla A alla E. Lo strumento è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi denominato Eren (Équipe de recherche en épidémiologie nutritionnelle) ed è un sistema a punteggio il cui fondamento sono le tabelle nutrizionali della Food standards agency del Regno Unito (Fsam-Nps: Food standards agency nutrient profiling system).

I ricercatori hanno preso in esame i questionari nutrizionali di 501.594 partecipanti (età media 52 anni) allo studio European prospective investigation into cancer and nutrition (Epic), provenienti da 10 paesi europei.

Per ciascuno è stato calcolato un indice Fsam-Nps sulla base della qualità nutrizionale del cibo consumato: più alto il punteggio, più scadente la dieta in virtù di un minor apporto di fibre, frutta, verdura e pesce e maggior consumo di carne rossa e lavorata. Tali valori sono poi stati correlati alla mortalità.

I partecipanti sono stati monitorati per una media di 17 anni ed è risultato che in chi mostrava un punteggio più alto si registrava un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause e per cancro, malattie cardiovascolari, respiratorie e dell’apparato digerente.

In numeri: tasso di mortalità in 10 anni su 10 mila persone, standardizzato per classe di età, pari a 760 (1.237 uomini, 563 donne) nel gruppo a punteggio più alto rispetto a 661 (1.008 uomini e 518 donne) in quello più basso.

La dieta è risultata qualitativamente superiore in Spagna, Grecia, Norvegia e Italia. Peggiore in Regno Unito, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca, Germania e Francia.

Tra i punti di forza dello studio, secondo gli Autori, il gran numero di partecipanti coinvolti, provenienza e abitudini alimentari differenti, lungo follow-up.

Punti deboli, innanzitutto la tipologia: trattasi di studio osservazionale, non in grado di evidenziare relazioni causa-effetto. Infine, essere ricorsi a questionari non esclude la possibilità di bias legati a compilazioni e/o dichiarazioni errate.

Così concludono: “La correlazione tra punteggi alti dell’indice Fsam-Nps e tassi di mortalità più elevati, suggerisce che siamo in presenza di uno strumento rilevante per caratterizzare la qualità degli alimenti. Una prova in più di quanto il Nutriscore, derivato direttamente dall’ Fsam-Nps, possa giocare un ruolo importante nelle misure di salute pubblica finalizzate ad aiutare i cittadini nella scelta di acquisto degli alimenti”.

Nicola Miglino

 

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