Nutrizione in oncologia: tre mosse per migliorare l’assistenza

21 Settembre 2022

Maggiore informazione ai malati, sensibilizzazione dei caregiver e del personale sanitario, più collaborazione sul campo tra oncologi e nutrizionisti clinici. Questi gli imperativi categorici per migliorare i percorsi di assistenza nutrizionale del paziente oncologico che emergono da un’indagine condotta in Lombardia tra sei centri oncologici per un totale di 800 pazienti arruolati, presentata nei giorni scorsi a Milano e promossa dall’associazione La Lampada di Aladino, con il patrocinio di Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) e Regione Lombardia, e il contributo non condizionante di Fresenius Kabi.

“Nell’insieme, le risultanze della survey evidenziano quanto sia ancora poco diffusa la conoscenza sulle tematiche pertinenti la nutrizione in oncologia”, sottolinea Davide Petruzzelli, presidente de La Lampada di Aladino e membro dell’esecutivo nazionale Favo. “Bisognerebbe, innanzitutto, mettere in atto una divulgazione appropriata e continuativa, calibrata per target diversi, che consenta la comprensione dei molteplici aspetti della nutrizione in oncologia, dall’alimentazione quotidiana fino alle tecniche enterali e parenterali. Non dimentichiamo che acquisire conoscenza e consapevolezza in tale ambito è funzionale anche per i clinici chiamati a dialogare con i nutrizionisti. È altrettanto necessario che gli aspetti della nutrizione in oncologia vengano di fatto integrati nei percorsi clinici erogati nelle strutture oncologiche a livello regionale e nazionale. A tal proposito, la collaborazione e il dialogo tra reti oncologiche e reti di nutrizione clinica rappresentano la chiave di volta a garanzia dell’ottimizzazione di questo articolato processo, reti che necessitano di concreti riconoscimenti ufficiali e di supporti economici reali.  A oggi disponiamo di molta documentazione prodotta dalle società scientifiche che consente di definire modelli integrati di approccio nutrizionale, prevedendo figure professionali specifiche. Bisogna arrivare a tradurre tutto ciò in realtà concrete atte a eliminare il gap tra le evidenze scientifiche osservazionali e la pratica clinica corrente”.

La malnutrizione ha un pesante impatto negativo sui pazienti oncologici. I dati della letteratura mostrano come sia un fattore predittivo di una minore sopravvivenza, comportando decadimento della qualità di vita, aumento della tossicità delle terapie oncologiche, peggioramento dell’esito post-operatorio e ospedalizzazione significativamente più lunga.

“Occorre incorporare in modo sistematico la valutazione e il monitoraggio dello stato nutrizionale nei trattamenti oncologici”, osserva Riccardo Caccialanza, direttore Uoc di Dietetica e Nutrizione clinica dell’Irccs San Matteo di Pavia. “Dalla diagnosi in poi, individualizzare le esigenze nutrizionali di ogni paziente oncologico è infatti un fattore chiave per migliorare l’efficacia dell’approccio terapeutico”.

È importante che gli interventi nutrizionali siano continuamente adattati alla condizione del paziente. In primis, secondo gli esperti, l’attenzione si porta all’alimentazione, anche con l’ausilio di supplementi orali. La dieta, in alcuni casi, può poi essere ulteriormente integrata con la nutrizione artificiale enterale o parenterale, a giudizio del nutrizionista clinico. 

“Negli ultimi anni l’attenzione sul tema della nutrizione in oncologia è cresciuta notevolmente e abbiamo assistito a importanti cambiamenti, questo grazie alla sempre più frequente collaborazione tra società scientifiche e associazioni pazienti, che svolgono un ruolo chiave all’interno del sistema salute”, conclude Paolo Pedrazzoli, direttore Uoc di Oncologia dell’Irccs San Matteo di Pavia. “La strada è ancora lunga e c’è molto da fare, ma lavorando in sinergia con le istituzioni si potranno raggiungere importanti risultati”.

Nicola Miglino

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