Dai fitosteroli alla berberina, Poli (Nfi): come contrastare le Ldl

10 Dicembre 2019

“L’uso protratto nel tempo di numerosi integratori alimentari dotati di documentata efficacia sulle lipoproteine Ldl, consente di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari”. Così Andrea Poli, presidente della Nutrition foundation of Italy, incontrato a Milano margine della presentazione della nuova Review scientifica sull’integrazione alimentare curata da Integratori Italia.

“Molte evidenze”, sottolinea Poli, “confermano il ruolo causale dei livelli delle lipoproteine a bassa densità nell’aterosclerosi, suggerendo che ogni riduzione della colesterolemia legata alle Ldl, con qualunque intervento ottenuta, induca, nel tempo, una riduzione proporzionale del rischio coronarico e, più in generale, cardiovascolare”.

Interventi che, come indicato dal farmacologo milanese, potranno spesso limitarsi a correzione dello stile di vita ma dovranno includere, in un numero crescente di casi, anche l’uso di integratori mirati e, ove opportuno, di farmaci specifici.

Sul fronte integratori, l’incontro di Milano ha consentito un’analisi specifica su fitosteroli, riso rosso fermentato, berberina, beta-glucani e Omega-3.

“I fitosteroli inibiscono l’assorbimento intestinale del colesterolo”, precisa Poli. “Il meccanismo d’azione è dose-dipendente. Tale correlazione prevede che, per ottenere un significativo effetto, vengano assunte quantità di fitosteroli di almeno 1,5 g/die che si sommano ai 300-400 mg/die assunti con gli alimenti vegetali. A tale dosaggio, si può ottenere una riduzione della colesterolemia Ldl del 9-10% circa”.

Per quanto riguarda la monacolina K, prodotto della fermentazione del riso con il fungo Monascus purpureus, “a dosi di 3-10 mg/die si ha una riduzione del c-Ldl del 15-25%, mentre gli effetti sull’Hdl sono modesti e quelli sui trigliceridi crescono al crescere della trigliceridemia basale. Sul fronte beta-glucani, è documentata la capacità, per quantità di consumo dell’ordine di 3g/die, di ridurre il c-Ldl del 5-6%. La berberina, infine, ha una significativa capacità di ridurre il colesterolo legato alle lipoproteine Ldl, ma anche di agire favorevolmente su trigliceridi e glicemia. La sua azione riduce la presenza di recettori per le Ldl sulla superficie degli epatociti, con riduzione del c-Ldl plasmatico del 20-30% circa”.

Chi sono, dunque, i candidati ideali all’impiego di integratori ipocolesterolemizzanti?

Eccoli, a detta di Poli e secondo un recente documento intersocietario che ha definito gli ambiti di impiego di questi prodotti in prevenzione cardiovascolare:

  • soggetti di età sino ai 40 anni, senza una specifica indicazione clinica all’uso di un farmaco ipocolesterolemizzante (perché portatori, per esempio, di una dislipidemia su base genetica, malattie cardiovascolari manifeste, diabete), nei quali il medico ravveda l’opportunità, per motivi clinici, di ridurre la colesterolemia e quindi il rischio cardiovascolare globale;
  • soggetti di età superiore ai 40 anni, con rischio Score ≤ 1% a 10 anni (e, quindi, senza indicazione clinica all’uso di un farmaco ipocolesterolemizzante) , nei quali il medico ravveda, per motivi clinici, la necessità di ridurre la colesterolemia e quindi il rischio cardiovascolare globale;
  • soggetti con esigenza di un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante che non intendano, per scelta personale, assumere farmaci etici;
  • soggetti in trattamento con statine con risposta insufficiente o soggetti che non tollerano una statina: in questi casi, va indicato un integratore senza monacolina.

Nicola Miglino

 

 

 

 

 

 

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