Profilassi del Ca ovarico, nuove luci sul ruolo dei probiotici

03 Settembre 2019

Meno lactobacilli, maggior rischio di tumore ovarico. Così si potrebbero riassumere le indicazioni che emergono dai risultati di uno studio condotto dall’Ega Institute for women’s health dell’University college London e da poco pubblicato su The Lancet Oncology, teso a valutare il ruolo protettivo della flora batterica cervico-vaginale sul rischio tumorale.

 “Sono diversi i fattori legati al rischio di cancro ovarico, tra cui età, storia familiare, infiammazione e fattori ormonali” precisano gli autori. “Noi abbiamo voluto verificare quale ruolo possa giocare un’alterazione del microbioma cervico-vaginale, con uno studio caso-controllo in donne di età compresa tra 18 e 87 anni, reclutate tra Repubblica Ceca, Germania, Italia, Norvegia e Regno Unito”.

Sono stati raccolti campioni da cervice e vagina in 176 donne con tumore ovarico, in altre 109 considerate ad alto rischio in quanto Brca1 positive e 295 controlli, ovvero donne sane e non a rischio. Per ogni campione, è stata calcolata la percentuale di lattobacilli, essenziali per la generazione di un pH vaginale basso protettivo, presente nel microbiota cervico-vaginale, raggruppando poi i campioni nel tipo L, laddove i lattobacilli rappresentavano almeno il 50% delle specie presenti e nel tipo O, quando la percentuale scendeva sotto il 50%.

Nel gruppo di donne affette già da cancro, quelle sotto i 50 anni avevano una maggiore prevalenza del microbiota di tipo O rispetto ai controlli di quanto non accedesse nelle over 50. La giovane età è risultata penalizzante anche nel gruppo Brca1 mutato: sotto i 50 anni la quantità di Lactobacilli era tre volte inferiore rispetto alle pari età senza mutazione. In aggiunta, livelli vieppiù inferiori si riscontravano tra quelle con Brca1 mutato e già casi di tumore di qualsiasi natura in un familiare di primo grado.

Emerge dunque una correlazione tra la giovane età e un microbiota molto meno popolato di lactobacilli, sia nei casi di tumore già presente sia nei soggetti a forte rischio per la presenza di Brca1.

“Se questo significa che rispristinare una flora di tipo L nel tratto genitale femminile piuttosto che a livello delle tube di Fallopio, sedi di origine dei tumori ovarici più aggressivi, si traduca in una riduzione dell’incidenza del tumore rimane ovviamente tutto da dimostrare”, concludono gli autori.

 

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