“Sono diversi i fattori legati al rischio di cancro ovarico, tra cui età, storia familiare, infiammazione e fattori ormonali” precisano gli autori. “Noi abbiamo voluto verificare quale ruolo possa giocare un’alterazione del microbioma cervico-vaginale, con uno studio caso-controllo in donne di età compresa tra 18 e 87 anni, reclutate tra Repubblica Ceca, Germania, Italia, Norvegia e Regno Unito”.
Sono stati raccolti campioni da cervice e vagina in 176 donne con tumore ovarico, in altre 109 considerate ad alto rischio in quanto Brca1 positive e 295 controlli, ovvero donne sane e non a rischio. Per ogni campione, è stata calcolata la percentuale di lattobacilli, essenziali per la generazione di un pH vaginale basso protettivo, presente nel microbiota cervico-vaginale, raggruppando poi i campioni nel tipo L, laddove i lattobacilli rappresentavano almeno il 50% delle specie presenti e nel tipo O, quando la percentuale scendeva sotto il 50%.
Nel gruppo di donne affette già da cancro, quelle sotto i 50 anni avevano una maggiore prevalenza del microbiota di tipo O rispetto ai controlli di quanto non accedesse nelle over 50. La giovane età è risultata penalizzante anche nel gruppo Brca1 mutato: sotto i 50 anni la quantità di Lactobacilli era tre volte inferiore rispetto alle pari età senza mutazione. In aggiunta, livelli vieppiù inferiori si riscontravano tra quelle con Brca1 mutato e già casi di tumore di qualsiasi natura in un familiare di primo grado.
Emerge dunque una correlazione tra la giovane età e un microbiota molto meno popolato di lactobacilli, sia nei casi di tumore già presente sia nei soggetti a forte rischio per la presenza di Brca1.
“Se questo significa che rispristinare una flora di tipo L nel tratto genitale femminile piuttosto che a livello delle tube di Fallopio, sedi di origine dei tumori ovarici più aggressivi, si traduca in una riduzione dell’incidenza del tumore rimane ovviamente tutto da dimostrare”, concludono gli autori.