Questo indice è stato utilizzato in modo prospettico nel Predimed Plus, pubblicato sull’American journal of clinical mutrition.
che ha coinvolto 5.375 volontari, sovrappeso o obesi e portatori di sindrome metabolica. Sono stati divisi in un gruppo "trattato" con una dieta ipoenergetica mediterranea più un programma di attività fisica e un gruppo di controllo con una dieta mediterranea semplice senza restrizione energetica o attività fisica.
In entrambi i gruppi l'indice di qualità dei carboidrati è stato calcolato all'inizio dello studio e a 12 mesi. A 12 mesi, l'indice di qualità dei carboidrati è risultato migliorato nella maggior parte dei volontari, dato l'aumento del consumo di frutta, verdura e legumi, noci e la diminuzione dell'assunzione di cereali raffinati, zuccheri aggiunti e bevande zuccherate, legate all'adesione alla dieta mediterranea.
Dopo aggiustamento dei dati, il calo di peso era tanto più importante tanto più l'indice di qualità dei carboidrati era migliore (-1.5 kg tra quintili estremi) e ciò valeva anche per la circonferenza della vita (-1.45 cm), la glicemia a digiuno (-3.65 mg/dL), l’HbA1c (-0.14%). Gli effetti erano più marcati nel gruppo ipo-energetico che nel gruppo di controllo.
Allo stesso modo, si sono ridotti la pressione arteriosa sistolica (-1,76 mmHg), la diastolica (-1,13 mmHg) e i valori di trigliceridi, in maniera tanto più importante quanto più alto era l'indice di qualità dei carboidrati; lo stesso valeva per l'aumento del colesterolo Hdl (+0.75 mg/dL), dove tuttavia non sono emerse differenze tra i gruppi di energia e di controllo per questi benefici.
I benefici per la salute di prodotti da fibre, cereali integrali, diete a basso indice glicemico sono stati spesso descritti in maniera singola. Invece, considerare un singolo marker multidimensionale che integra tutti questi parametri porta una visione utile nella pratica clinica e valorizza una dieta ricca di micronutrienti, associata a un migliore controllo del peso, della pressione arteriosa e a una diminuzione della morbilità cardiovascolare. Gli autori concludono che questi risultati mostrano l'importanza di considerare la qualità dei carboidrati nel suo insieme piuttosto che la loro quantità, per apportare benefici concreti ed evitare concetti obsoleti.