L’alimentazione dei pazienti affetti da malattia di Crohn e colite ulcerosa è stato il tema al centro di un recente incontro promosso a Bologna da Amici (Associazione per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino). Tra le comunicazioni più rilevanti, l'incidenza delle Mici bambini raddoppiata nell'ultimo triennio, la nutrizione enterale esclusiva in grado di portare alla remissione dei sintomi della malattia di Crohn nell’80% dei casi e un nuovo filone di ricerca che riguarda le diete.

Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria intestinale cronica, progressiva e distruttiva che può interessare qualsiasi parte del tratto gastrointestinale. Si presume che diversi tipi di dieta possano migliorarne o peggiorarne i sintomi gastrointestinali e, con l’obiettivo clinico di fornire al paziente i migliori consigli dietetici, molto sono gli studi che ne hanno valutato l’impatto sulla malattia.

Chi soffre di malattia di Crohn vive le restrizioni dietetiche come un'imposizione e fonte di tentazione e frustrazione. Il rischio? Abbandono delle indicazioni e/o isolamento sociale. Queste i primi risultati che emergono dall’analisi della letteratura scientifica internazionale di EngageMinds Hub dell'Università Cattolica del Sacro Cuore che segna ufficialmente il via alla campagna "Crohnviviamo " promossa da Nestlé health science in collaborazione con l’associazione Amici onlus.

Le prime intuizioni che l'integrazione con la vitamina D potesse modulare la permeabilità intestinale e alterare la concentrazione della catelicidina umana LL-37, un peptide antimicrobico del sistema immunitario innato espresso dall'epitelio gastrointestinale, risalgono almeno a una ventina di anni fa e da allora vi sono stati diversi lavori che hanno indagato il suo possibile ruolo nella malattia di Crohn

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