L’olio di pesce è in grado di migliorare il dolore e, in generale, lo stato di benessere negli anziani in sovrappeso/obesi con artrosi. L’indicazione giunge da uno studio australiano pubblicato su Rheumatology advances in practice, organo ufficiale della British society for rheumatology.

Una nuova formulazione di acido ialuronico potrebbe rivelarsi utile strumento per rallentare la progressione dell’osteoartrosi e migliorare la sintomatologia dolorosa dei pazienti. Queste le conclusioni di uno studio clinico condotto su 60 pazienti da un gruppo di ricerca italiano e pubblicato su Diseases, rivista open access del gruppo Mdpi. La peculiarità della formulazione consiste in un acido ialuronico somministrabile per via orale con un pattern caratterizzato da diversi pesi molecolari.

Già uno studio del 1996 aveva dimostrato che il livello sierico di fillochinone, la forma dietetica più abbondante della vitamina K, piuttosto che la carbossilazione dell’osteocalcina, era significativamente più basso nei pazienti anziani con frattura del collo del femore e nell’osteoartrite rispetto al controllo sano, suggerendo che la vitamina K fosse un potenziale marker di salute scheletrica.

In un momento certo non facile per parlare di supplementazione con curcumina, considerati i casi recenti di epatotossicità segnalati dalle nostre autorità sanitarie, peraltro non ancora sufficientemente chiariti, giunge una review sull’impiego del derivato della Curcuma longa nelle malattie autoimmuni e reumatiche pubblicato su Nutrients.

Ben 32 trial clinici presi in esame per cercare di trarre conclusioni utili sull’impiego in caso di osteoartrosi, diabete di tipo 2, colite ulcerosa, artrite reumatoide, nefrite lupica e sclerosi multipla. Il lavoro è stato coordinato da Chandra Mohan, del dipartimento di Ingegneria biomedica dell’Università di Houston.

“L'osteoartrosi è stata la malattia reumatica con maggiori dati a disposizione per la nostra analisi, considerato che abbiamo potuto valutare ben 16 trial clinici che incrociavano i nostri criteri di inclusione nella review”, sottolineano gli autori. “I numerosi dati positivi conferiscono solide evidenze sui benefici nel rallentare la progressione della malattia. Inoltre, la curcumina mostra un'efficacia simile ai comuni Fans come l'ibuprofene, con eventi avversi minimi o nulli”.

Per quanto riguardo il diabete di tipo 2, sono stati presi in esame 8 studi clinici. “Molti, e tutti a breve termine, evidenziano effetti positivi su abbassamento della glicemia, miglioramento funzionale delle beta cellule, diminuzione dello stato infiammatorio e dello stress ossidativo”, prosegue Mohan. “Sono però necessarie analisi a lungo termine con popolazioni di pazienti e follow-up più ampi per rafforzare il razionale di impiego della curcumina in caso di diabete.

Sul fronte colite ulcerosa, tre i trial valutati, in due dei quali si sono potuti apprezzare effetti positivi in almeno uno dei parametri clinici individuati come outcome: remissione clinica, indice di attività clinica, quadro endoscopico e frequenza delle recidive. “Si tratta però di studi in cui vi sono troppe difformità nei dosaggi, non sempre sufficientemente elevati, ed è perciò necessario avviare ricerche a lungo termine con dosi giornaliere più alte, chiaramente giustificate in questa malattia”. Pochi dati, infine, su artrite reumatoide, lupus e sclerosi multipla dove sono necessari ancora studi di approfondimento.  

Un’importante area di ricerca presente e futura riguarda la biodisponibilità della curcumina. “Gli studi che abbiamo preso in esame hanno messo in evidenza l’impiego di diverse formulazioni, proprio per ovviare al fatto che la curcumina ha una bassa biodisponibilità dovuta a scarso assorbimento, nonché rapidi metabolismo ed eliminazione. Così in alcuni studi la curcumina veniva co-somministrata con piperina che ne aumenta la biodisponibilità di 20 volte, mentre in altri si utilizzavano formulazioni brevettate tra le più impiegate sul mercato, da Meriva a Theracurmin e in altri ancora semplici capsule di curcuminoidi. Certo tutto questo non facilita il confronto tra dosaggi e risultati”.

Ancora da comprendere, infine, i meccanismi d’azione specifici della curcumina, indubbiamente legati a effetti antinfiammatori e antiossidanti: “Su questo fronte” concludono gli autori, “genomica, proteomica e metabolomica devono venirci assolutamente in aiuto”.

 

 

 

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