Benefici del magnesio nel controllo del rischio cardiometabolico

24 Giugno 2020

Il magnesio è un minerale che gioca un ruolo chiave nell'omeostasi dell'organismo, essendo un cofattore di diversi enzimi coinvolti nella maggior parte dei processi cellulari. Alterazioni dei livelli di Mg2+ sono state riscontrare in diverse condizioni patologiche e sono recenti due pubblicazioni che hanno indagato la correlazione tra ipomagnesemia e diabete di tipo 2 da una parte e danno d’organo vascolare dall’altra.

Si tratta di due analisi entrambe afferenti al progetto Catameris (Catanzaro metabolic risk factors study) condotto dal dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Catanzaro, in collaborazione con il dipartimento di Medicina clinica e molecolare della Sapienza di Roma.

Ne abbiamo parlato con uno degli Autori, Gaia Mannino, ricercatrice presso l’Università "Magna Graecia" di Catanzaro.

D.ssa Mannino, il magnesio è strettamente correlato a diverse patologie metaboliche.  Quali sono i processi biochimici che caratterizzano questa molteplicità di azioni?

Il magnesio agisce da cofattore in oltre 300 reazioni enzimatiche di importanza vitale per molte funzioni fisiologiche. Per esempio, è importante per un corretto rilascio di insulina da parte delle cellule beta pancreatiche, affinché l’ormone possa attivare il proprio recettore nei tessuti periferici, per indurre l’assorbimento cellulare di glucosio, il suo stoccaggio e la produzione di energia a partire da esso. Un deficit di magnesio potrebbe quindi precedere e causare resistenza insulinica e alterare la tolleranza al glucosio. In particolare, nel muscolo, il magnesio regola la localizzazione del trasportatore di glucosio Glut4, mentre nel fegato è coinvolto nei processi enzimatici della glicolisi e della gluconeogenesi. Per quanto riguarda il tessuto adiposo, sappiamo, inoltre, che agisce come antinfiammatorio, riducendo la produzione di interleuchina 1 e Tnf-alfa e, di conseguenza, lo stress ossidativo dovuto alla produzione di specie reattive dell’ossigeno, fortemente associate all’insorgenza di diabete mellito tipo 2, ipertensione, sindrome metabolica e invecchiamento.

Voi avete studiato la correlazione tra magnesio, diabete di tipo 2 e rischio cardiovascolare. Cominciamo dal diabete: che tipo di analisi avete condotto?

Si tratta di uno studio osservazionale su una popolazione di circa 700 soggetti italiani, per la maggior parte residenti in Calabria, con un profilo metabolico ben caratterizzato. I dati utilizzati per questo studio appartengono al progetto Catameris, svolto presso l’Università di Catanzaro, uno studio di coorte dedicato alla caratterizzazione di biomarcatori di rischio cardio-metabolico in soggetti che presentano almeno un fattore di rischio tra cui, per esempio, obesità, ipertensione, diabete mellito tipo 2 e steatosi epatica.

Quali risultati sono emersi?

Nonostante tutti i prtecipanti avessero livelli di magnesio normali, è emersa un’associazione significativa con la classe di tolleranza glucidica: i soggetti diabetici, cioè, mostravano livelli di magnesio più bassi rispetto ai pre-diabetici, che a loro volta presentavano livelli più bassi dei normo-glicemici. In accordo con la letteratura, abbiamo confermato che livelli di magnesio più bassi corrispondono a un deficit della secrezione di insulina, stimata con l’utilizzo di indici surrogati, e, in più, abbiamo osservato che all’aumentare dei livelli di magnesio corrispondeva una riduzione del rischio di insorgenza di diabete mellito tipo 2 nell’arco di circa cinque anni.

In quali casi, in base a questi risultati, è utile consigliare una supplementazione e a quali dosaggi?

La supplementazione di magnesio è stata studiata in letteratura, ma non abbiamo ancora risultati definitivi che ci permettano di consigliarla se non in condizioni di carenza.  Secondo le linee guida americane, la dose giornaliera raccomandata da assumere con la dieta è pari a 310–320 mg per le donne e a 410–420 mg per gli uomini. È importante notare che, sebbene nel caso di ipomagnesemia, in soggetti altrimenti sani, la somministrazione orale acuta o cronica di magnesio sia ben tollerata, l’instaurarsi di una condizione di ipermagnesemia, invece, potrebbe essere iatrogena.

Rispetto, invece, al danno d’organo vascolare avete condotto un’analisi su diversi marker di rischio. Quali?

In linea con le evidenze cliniche presenti in letteratura, abbiamo confermato il ruolo del magnesio come marker di rischio cardiovascolare nel soggetto iperteso, attraverso l’analisi di due indici vascolari, quali lo spessore medio-intimale carotideo, c-Imt, e la massa ventricolare sinistra indicizzata, Lvmi. L'aumento del valore di c-Imt è fortemente associato al rischio di eventi cardiovascolari come infarto o ictus, ed è considerato un marker di aterosclerosi preclinica e un indicatore surrogato di rimodellamento strutturale della parete arteriosa. Allo stesso modo, Lvmi è considerato un marker di sviluppo preclinico e subclinico dell'aterosclerosi e un indicatore della presenza di danno d’organo vascolare, nonché una delle principali cause di malfunzionamento cardiaco e di mortalità.

Che conclusioni avete tratto ?

In questo lavoro, che include soggetti non diabetici appartenenti anch’essi allo studio Catameris sopra citato, abbiamo osservato una associazione inversa tra i livelli fisiologici di magnesio e i marker di rischio cardiovascolare considerati. Quindi, concentrazioni sieriche più elevate di magnesio potrebbero esercitare un ruolo protettivo nello sviluppo della calcificazione vascolare e, in generale, del rischio atero-vascolare. Alla luce di tali evidenze, proponiamo di includere il dosaggio del magnesio nelle prime fasi dell’iter diagnostico di un paziente iperteso.

Anche in questo caso, che suggerimenti si possono dare sia di tipo nutrizionale che rispetto all’impiego di integratori?

Anche per quanto riguarda il rischio cardiovascolare i dati sul magnesio in letteratura non sono conclusivi. La supplementazione di 365–450 mg/die per circa 200 giorni è risultata associata a una riduzione di circa 4 punti della pressione sistolica e 2 della diastolica, con una riduzione del rischio generale di ipertensione pari al 5% con 100 mg/die di magnesio, e un effetto protettivo dose-dipendente sulla comparsa di eventi cardiovascolari fino a 400 mg/die. Più in dettaglio, è stato osservato che la massima protezione verso la cardiopatia ischemica è esercitata da una dose di magnesio pari a 250 mg/die.

Le tabelle italiane dei Larn del 2014 raccomandavano che l'assunzione giornaliera di magnesio con la dieta fosse di 170 mg sia negli uomini che nelle donne. Il panel Efsa-Nda, invece, ha aggiornato i dati nel 2019 raccomandando il fabbisogno pari a 300 mg nelle donne e 350 mg negli uomini. Per ridurre il rischio di mortalità cardiovascolare le raccomandazioni sono sempre quelle di aumentare il consumo di alimenti ricchi di magnesio come cereali integrali, frutta a guscio e verdure, senza ricorrere all’uso di integratori alimentari. Nella forma di integratore alimentare, il magnesio è raccomandato in dosi simili al fabbisogno giornaliero di assunzione negli adulti, in caso di carenza; tuttavia, è bene limitare la supplementazione e assumere il prodotto consultando sempre il proprio medico per evitare effetti indesiderati, sempre possibili.

Nicola Miglino

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