Carne, l’esperto: “Conclusioni Nutrirecs fuorvianti. Senza senso, poi, ignorare ecosostenibilità”

16 Ottobre 2019

“Considerazioni sull’impatto ambientale del consumo di carne sono state escluse dai criteri di elaborazione delle nostre linee-guida”. Questa è una delle tante affermazioni sostenute dal Consorzio Nutrirecs nel lavoro pubblicato di recente sugli Annals of internal medicine che, in estrema sintesi, ritiene non necessario limitare il consumo di carni rosse e lavorate.

Abbiamo già raccontato come, tra i tanti, la Scuola di salute pubblica dell’Università di Harvard sia stata tra i più agguerriti contestatori delle nuove linee guida proposte, ribadendo che non possono in alcun modo essere messe in discussione le evidenze di studi clinici randomizzati ed epidemiologici sui rischi cardiovascolari, metabolici e oncologici legati al consumo di carni rosse e lavorate.

La stessa Università, poi, si chiede come si possano emanare indicazioni di questa natura senza minimamente prendere in considerazione gli effetti sulla salute di consumi a elevato impatto ambientale e strettamente correlati ai cambiamenti climatici.

Su questo aspetto, abbiamo chiesto un’opinione a Fulvio Muzio, responsabile del servizio di Dietologia e Nutrizione clinica all’Ospedale Sacco di Milano.

Dr. Muzio, intanto un suo commento sulle conclusioni del Consorzio Nutrirecs….

Fatto salvo il contenuto scientifico della pubblicazione che è di buon livello, sono proprio le conclusioni a cui pervengono gli Autori che risultano poco condivisibili, come è già stato fatto rilevare da molti autorevoli esperti del settore. Infatti, se nella pubblicazione viene confermata l’esistenza di una relazione, seppure bassa, avendo scartato la maggior parte degli studi disponibili per garantire criteri rigorosi di analisi, tra consumo di carne rossa/processata e rischio per la salute, nelle conclusioni si sancisce esplicitamente la raccomandazione a non ridurre il consumo di questi alimenti a scopo salutistico, pur riconoscendo che la loro riduzione comporterebbe il risparmio di  circa 10 morti precoci da cancro su 1.000 persone. Si tratta, quindi, di conclusioni fuorvianti e facilmente travisabili dalla popolazione generale.  Inoltre, in questo articolo vengono del tutto ignorate le ricadute “indirette” del consumo di carne sulla salute, ovvero quelle legate alle variazioni ambientali generate dalla filiera zootecnica. 

Perché, quando si parla di effetti del consumo di carne sulla salute, non si può prescindere da considerazioni di carattere ambientale?

Perché i temi sono strettamente interconnessi. Oggi sappiamo con certezza che la dieta occidentale, con il suo elevato contenuto di alimenti iperprocessati, in preponderanza di origine animale, non solo è all’origine di molte patologie “del benessere”, ma costituisce un vero e proprio flagello anche per l’ambiente: il solo settore zootecnico è responsabile, secondo la Fao, del 18% delle emissioni del pianeta, producendo più inquinamento dei trasporti e rappresentando una delle principali cause di degrado del suolo e delle risorse idriche.

Qual è l’impatto ecologico di una dieta a base di carne rispetto a una senza?

Sensibilmente superiore. Basti pensare che attualmente gli allevamenti di bestiame utilizzano il 40% dei cereali e la quasi totalità della soia raccolti nel mondo, contribuendo in larga parte al fenomeno della deforestazione per riconversione in terreni coltivabili. Inoltre, la produzione di carne, specialmente se allevata in modo intensivo o industriale, comporta un utilizzo di energia fortemente antieconomico e dannoso per l’ambiente. L’agricoltura e l’allevamento, inoltre, rispondono congiuntamente, a livello globale, del consumo del 70% dell’acqua disponibile e proprio a livello di consumi idrici è bene distinguere tra prodotti vegetali e animali: per esempio, mentre la richiesta idrica per ottenere 1 kg di canna da zucchero ammonta a meno di 200 litri di acqua, si stima che la produzione di 1 kg di carne bovina ne richieda oltre 15 mila.

Quali sono i trend prossimi futuri dei consumi alimentari nel mondo, in relazione ai flussi migratori?

Il consumo di prodotti animali è destinato ad aumentare. È un dato di fatto che quando le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo iniziano ad accrescere il loro benessere, l’ascesa sociale si accompagna gradualmente all’abbandono della dieta tradizionale, spesso basata su cereali e vegetali mentre aumenta la domanda di prodotti lavorati, in buona parte di origine animale: uno stile alimentare che è anche alla base delle tipiche malattie metabolico-degenerative che caratterizzano la popolazione occidentale quali obesità, diabete, dislipidemie e aterosclerosi. Da notare che il consumo di carne bovina è già aumentato di ben 5 volte negli ultimi 100 anni imponendo una pressione sempre più alta sulla maggior parte delle risorse limitate del Pianeta.

Oggi i temi ambientali sono di grandissima attualità: le scelte alimentari possono fare una differenza sia in termini di salute che di ecosistema?

Sì, la propensione al consumo di proteine animali da parte degli esseri umani è giunta a rappresentare una seria minaccia per il futuro della sicurezza alimentare e dell’ecosistema. Il suo contenimento, che costituisce ovviamente una scelta individuale, se adottato su larga scala contribuirebbe non solo al miglioramento dei fattori climatici del pianeta ma anche al benessere della popolazione.

Nicola Miglino

 

               

 

 

 

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