Malnutrizione, dai dietisti una guida ragionata

26 Febbraio 2020

Malati e Malnutriti. È la realtà per molti pazienti ospedalizzati che, a causa di una scorretta alimentazione, si trovano debilitati e incapaci di far fronte alle cure, con ricadute anche sul Ssn, costretto a sostenere costi elevati per il maggior rischio di complicanze e riammissioni ospedaliere.

Per contribuire a contrastare il fenomeno, Andid (Associazione nazionale dietisti) ha redatto un documento dedicato all’importanza del cosiddetto pasto ad alta densità nutritiva finalizzato a contrastare la malnutrizione nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali.

Ne abbiamo parlato con Marco Tonelli, presidente Andid.

Dr. Tonelli, quali sono i numeri della malnutrizione nel paziente ospedalizzato? 

I dati internazionali, derivanti dall’iniziativa Nutrition Day Worldwide, parlano di involontaria perdita di peso riscontrata già al momento del ricovero fin nel 45% dei pazienti, diminuzione dell'appetito nel 48% dei casi e degli introiti alimentari nel 53%, oltre ovviamente a un insufficiente indice di massa corporea, nell’8% dei casi, lasciando chiaramente intendere che è necessario intervenire precocemente sui fattori di rischio per evitare di arrivare a uno stato di malnutrizione franca. Lo Studio Pimai evidenzia in Italia una prevalenza della malnutrizione nel 30,7% dei pazienti ospedalizzati e fino al 34,3% negli anziani. La maggior frequenza si ha nelle Uo di area medica rispetto a quelle chirurgiche e nel sesso femminile.

Chi sono i soggetti più fragili?

Sicuramente gli anziani che spesso sono pazienti con patologie croniche e comorbidità. Poi i pazienti psichiatrici, neurologici, con problemi cardiologici cerebrovascolari e di disfagia. Gli oncologici, quelli con patologie gastrointestinali, quelli sottoposti a interventi di chirurgia maggiore e con disabilità di varia natura. Infine, soggetti con problemi socio-economici e, come evidenziato prima, le persone con un basso indice di massa corporea o coloro che hanno avuto una involontaria perdita di peso, gli inappetenti, quelli che mostrano una riduzione degli introiti alimentari o con aumentati fabbisogni energetico-proteici per una loro condizione clinica.

Quali deficit nutrizionali più frequenti?

Quelli correlati al basso introito energetico e proteico, ma anche alla disidratazione, alle carenze di ferro, folati e altre vitamine del gruppo B, vitamina D ed elettroliti. 

Quali le conseguenze?  

Nello specifico, il paziente va incontro facilmente ad una riduzione delle difese immunitarie con conseguente maggior predisposizione alle infezioni. Le carenze calorico-proteiche e di micronutrienti predispongono rapidamente alla comparsa di lesioni da pressione, rallentata cicatrizzazione delle ferite, comprese quelle chirurgiche, anemia, squilibri idroelettrolitici anche gravi, osteoporosi, sarcopenia. Queste condizioni possono provocare una riduzione dell’autonomia del paziente che si traduce nell’inattività, nell’ulteriore riduzione dell’appetito e nell’aggravamento delle carenze nutrizionali in una sorta di spirale della fragilità.

Cos’è un pasto fortificato?    

Si tratta di un pasto arricchito in energia e fonti proteiche, realizzato usando come base le preparazioni culinarie “ordinarie” arricchite con alimenti e ingredienti naturali ad alto contenuto in grassi e proteine, in forma solida o liquida, di cristalli, farina, polvere, sciroppi, melasse, caratterizzato da un volume ridotto o al massimo invariato rispetto al pasto di origine.

Quali sono le caratteristiche di un menù ad alta densità energetica?

Andid ritiene che la quota calorica giornaliera da riservare a un programma nutrizionale ad alta densità energetica debba essere ricompresa fra le 2.600 e le 2.800 Kcal, con un apporto proteico giornaliero pari ad almeno 97 grammi.

Nella stesura dei programmi alimentari per i pazienti vulnerabili, organizzati in tre pasti principali e due spuntini, dovranno essere pertanto tenuti necessariamente in considerazione sia aspetti qualitativi sia aspetti quantitativi, ovvero, appetibilità, gusto, facilità di assunzione, riduzione volumetrica delle porzioni, presenza di macro e micronutrienti e altre sostanze non nutrienti necessarie per un buono stato di nutrizione.

Anche gli spuntini, contrariamente a quanto consigliato per le persone normonutrite, dovranno fornire elevate quantità di energia e di proteine. L’inappetenza infatti può essere contrastata aumentando la frequenza dei pasti e riducendone il volume.

Qual è la strategia più efficace?

I criteri base e le strategie utili per l’impostazione di menù ad elevata densità energetica e proteica sono rappresentate, oltre che dalla già citata fortificazione delle preparazioni alimentari già presenti nel cosiddetto “vitto ordinario” mediante l’aggiunta di grassi, zuccheri e fonti proteiche, anche da preparazioni gastronomiche dedicate, bevande e spuntini “fortificati”, preferibilmente offerti lontano dai pasti principali per evitare la comparsa di sazietà precoce. Gli alimenti di origine vegetale e ad alto contenuto in fibra, devono essere presenti in quantità ridotte in considerazione del loro effetto saziante.

A chi avete pensato nel redigere il documento Andid?

Il documento si rivolge ai dietisti e ai professionisti a vario titolo impegnati nell’ambito della nutrizione clinica, nella ristorazione ospedaliera, residenziale socio assistenziale e nell’assistenza domiciliare, ovvero a dirigenti, medici, infermieri, pazienti, caregiver e alle aziende di ristorazione collettiva con consolidate esperienze nell’ambito del settore ospedaliero e assistenziale.

Quali sono gli obiettivi?

Il documento intende offrire un contributo di tipo tecnico e professionale finalizzato ad applicare le buone pratiche per la gestione del rischio nutrizionale, secondo le priorità raccomandate da linee guida nazionali e internazionali. Andid auspica che le raccomandazioni contenute possano essere condivise da altre società scientifiche e dalle istituzioni sanitarie e che, cosa importantissima, possano essere considerate nei capitolati d’appalto dei servizi di ristorazione e dei dietetici delle strutture sanitarie e socio-assistenziali: senza tale presupposto sarà difficile poterle adottare routinariamente. Sarebbe inoltre auspicabile verificare l’efficacia dei pasti ad aumentata densità energetica e proteica sulla effettiva assunzione di cibo e sui risultati ottenuti in termini di riduzione del rischio di malnutrizione o di malnutrizione diagnosticata.

In chiusura, qual è a suo giudizio il ruolo dei dietisti nello staff assistenziale?

Il dietista è il professionista chiave nel team assistenziale della nutrizione. Individua e implementa gli interventi più efficaci, poco invasivi e poco costosi nella prevenzione e nel trattamento della malnutrizione. Questo può comportare un grosso risparmio per la comunità e la possibilità di utilizzare le risorse risparmiate per colmare altri bisogni di salute. Il dietista applica il Nutrition care process & model, un metodo sistematico di lavoro basato sul problem-solving per un approccio critico, basato sulle evidenze, incentrato sul paziente, per l’assunzione di decisioni adeguate. La qualità e l’appropriatezza dei programmi alimentari è garantita quando c’è un coinvolgimento dei dietisti nella stesura dei capitolati e quando c’è un coordinamento tra i dietisti dei servizi dietetici ospedalieri o delle strutture assistenziali e i dietisti dell’azienda di ristorazione.

Nicola Miglino

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