Quando si forniscono raccomandazioni dietetiche sull’apporto proteico non basta indicare la quantità necessaria ma è bene valutarne la qualità sulla base della fonte di provenienza. Risultato? Sono sempre quelle di origine vegetale a uscire vincitrici nel prevenire una serie di eventi avversi per l’organismo. Così potremmo riassumere i risultati di una ricerca pubblicata sul Journal of the american heart association (Jaha) che ha preso in esame una coorte di 102.521 donne in post-menopausa arruolate nel Women’s health initiative (Whi) tra il 1993 e il 1998, seguite fino a febbraio 2017.

Una dieta pro-infiammatoria aumenta il rischio di cancro al seno. Questa l’evidenza di uno studio condotto su un campione di 350 mila donne arruolate nello studio Epic, avviato negli anni Novanta per indagare il rapporto tra dieta, stili di vita e rischio di cancro. I risultati sono stati presentati in anteprima nei giorni scorsi a Nutrition 2021 live on line, il congresso dell’Amercian society for nutrition.

Per la prima volta uno studio ha messo in correlazione il consumo di carne rossa o ultraprocessata con in danni anatomo-funzionali cardiaci. A comunicarlo, la Società europea di cardiologia (Esc) che ne ha divulgato i risultati a seguito della presentazione avvenuta nel corso dell’Esc preventive cardiology 2021, congresso tenutosi recentemente on line.

Non tutta la carne mette a rischio la salute cardiovascolare. Il pericolo arriva da quella processata, mentre non vi sono indicazioni sufficienti per incolpare quella rossa non lavorata e la carne bianca. Questi i risultati del più ampio mai condotto su un campione rappresentativo di Paesi a basso, medio e alto reddito, pubblicato nei giorni scorsi sull’American journal of clinical nutrition.

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