La Commissione europea ha finalmente fissato una soglia unica in tutti in Paesi Ue per quanto riguarda il contenuto massimo di Delta-9-Tetraidroccabinolo (Thc) nei semi di canapa e prodotti derivati. Il quantitativo tollerato è di 3 mg/kg per i prodotti secchi (farina, proteine, semi, snack) e 7,5 mg/kg per l’olio di semi di canapa. Le regole saranno direttamente applicabili in tutti gli Stati membri 20 giorni dopo la pubblicazione del regolamento e dei suoi allegati sulla Gazzetta ufficiale. Per permettere agli operatori di prepararsi alle nuove regole, il regolamento prevederà anche un periodo transitorio prima dell’applicazione dei livelli massimi che consenta di utilizzare e vendere lo stock già esistente.

La coltivazione della canapa è stata praticata in Italia in modo intensivo e capillare fino agli anni Cinquanta. Ancora nel 1940, la coltivazione interessava 90 mila ettari di terreno agricolo, un’estensione superiore all’attuale superficie mondiale dedicata alla coltivazione legale della pianta. La canapa italiana era considerata la migliore disponibile sul mercato, superiore a quella della Russia, l’unico paese che la precedeva in termini di volumi di produzione. Dopo decenni di declino, dovuti principalmente all’avvento delle fibre sintetiche, recentemente la canapa industriale è tornata a essere coltivata sia per la produzione di seme a uso alimentare (olio e farina) o animale, che per la produzione di fibra. Questa filiera è in continua crescita e costituisce una potenziale fonte di biomassa utilizzabile per la produzione di cannabidiolo (Cbd) farmaceutico.

Dalla Germania scatta l’allarme su prodotti e integratori a base di canapa per la contaminazione da tetraidrocannabinolo (Thc). La denuncia arriva da uno studio di un gruppo di ricerca del Chemical and veterinary investigation laboratory di Karlsruhe.

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