Neonati, Efsa: non c’è un’età giusta per iniziare lo svezzamento

25 Settembre 2019

Non esiste un’età definita per procedere con lo svezzamento: il momento giusto dipende dalle caratteristiche individuali, dallo sviluppo in utero e post-nascita e da eventuale parto prematuro.

Queste le conclusioni di un panel di esperti Efsa (European food safety agency), sollecitata dalla Commissione europea, che ha appena pubblicato una propria valutazione delle evidenze scientifiche in rapporto a salute dei lattanti, esigenze nutrizionali e sviluppo.

Secondo i dati disponibili, non c’è un’età stabilita, ovvero, sottolineano gli autori, non vi sono evidenze di particolari danni o benefici di uno svezzamento prima di sei mesi. L’importante è che si tratti di cibi con valori nutrizionali adeguati, preparati secondo corrette norme igieniche e che non determinino rischi per la sicurezza del neonato, quali per esempio il soffocamento.

La maggior parte dei bambini, si ribadisce, non ha bisogno di alimentazione complementare prima dei 6 mesi di età. Neonati a rischio di deplezione di ferro (per esempio perché allattati al seno da madri con basso stato di ferro, o con taglio precoce del cordone ombelicale o nati prematuri), possono però trarre beneficio da un’alimentazione ricca in ferro complementare all’allattamento.

I neonati sono in grado di assumere cibi sottoforma di purea già a 3-4 mesi di età e finger food tra i 5 e i 7. Ciò, comunque, non implica una necessità di farlo, ribadiscono gli autori.

Non vi è motivo, infine, di rimandare l'introduzione di alimenti potenzialmente allergenici (uova, cereali, pesce e arachidi) a un'età successiva rispetto a quella di altri cibi per quanto riguarda il rischio di sviluppare malattie atopiche. Lo stesso vale, concludono, per il glutine e il rischio celiachia.

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