Danni al Dna, Efsa boccia claim su effetti riparatori del caffè

09 Aprile 2020

Tutti da dimostrare gli effetti protettivi sul Dna da parte del caffè e, dunque, nessuna autorizzazione all’uso di claim in questa direzione. La decisione è dell’Efsa, in seguito alla domanda pervenuta da parte un’azienda tedesca (Tchibo Gmbh) che aveva inoltrato richiesta e documentazione scientifica su un suo prodotto, denominato Caffè 21 (C21), di cui vantava capacità di protezione dalla rottura dei filamenti di Dna.

Nelle cellule, sia le normali attività metaboliche che fattori ambientali come sostanze chimiche o radiazioni possono causare danni, determinando singole lesioni molecolari che provocano modifiche strutturali alla molecola di Dna, alterando così il modo in cui la cellula legge le informazioni contenute nei suoi geni.

Caffè21 (tostato) contiene 10,18 mg/g di acido caffeoilquinico, 3,82 mg/g di trigonellina e 1,10 mg/g di N-metilpiridinio. Secondo l’azienda “La tostatura intensa del caffè migliora la capacità degli estratti di regolare i meccanismi di riparazione cellulare”.

Due gli studi scientifici presentati a supporto. Secondo Efsa, però, uno di questi fornisce effettivamente alcune prove che un consumo quotidiano di C21 (750 ml/die) per 4 settimane riduca le rotture dei filamenti di Dna ma tali risultati non vengono confermati dal secondo, condotto in condizioni simili e dallo stesso gruppo di lavoro. Nessun altro dato è disponibile, così come non sussistono prove sui meccanismi con cui il caffè, più in generale, possa portare a una riduzione dei danni a carico del Dna.

Da qui la bocciatura del claim “non essendoci prove di una relazione di causa/effetto tra consumo del prodotto e protezione del Dna”. (n.m)

 

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