Botanicals, la Commissione europea riconosce i limiti del Regolamento claims

17 Giugno 2020

Lo scorso 20 maggio la Commissione europea, coerentemente con gli obiettivi preposti dal Refit  (Regulatory fitness and performance programme), ha reso disponibile il tanto atteso Staff working document “Valutazione sul Regolamento sulle indicazioni nutrizionali e per la salute”, come aveva già annunciato nel 2015 con la pubblicazione di una roadmap che ne definiva lo scopo, i contenuti e i criteri di lavoro. Ci spiega i contenuti essenziali, Valentina Faziani, Regulatory affairs specialist, Imola.

D.ssa Faziani, di che cosa si tratta?

Essenzialmente di un documento legalmente non vincolante con cui la Commissione delinea i tratti principali del proprio piano d’azione, basandosi sullo studio e le evidenze raccolte da un organismo esterno, in questo caso l’Fcec - Food chain evaluation consortium - e dai servizi della Commissione stessa.

In particolare, tale valutazione si è focalizzata sui due aspetti ancor oggi lasciati piuttosto lacunosi dal noto Regolamento claim, che era stato adottato nel 2006 nell’intento di proteggere la salute dei consumatori garantendo informazioni non ingannevoli sui prodotti e la libera circolazione degli stessi nel mercato interno: si tratta dei profili nutrizionali, non ancora stabiliti a livello europeo, e delle indicazioni sugli estratti o preparati vegetali (detti anche botanical), attualmente contenute in una lunghissima lista di 2.078 claim datata 14 dicembre 2012 e purtroppo non ancora regolamentata.

Quali sono le questioni che l’attuale normativa sui claim dei botanical lascia aperte?

In realtà la Commissione, attraverso tale documento, compie una vera e propria riflessione sull’attuale disciplina dell’impiego di botanical nei prodotti alimentari, che per quel che qui attiene si tratta in particolare degli integratori alimentari, poiché in questo ambito è tuttora evidente la persistenza di contraddizioni non di scarso valore.

È sicuramente noto che i botanical sono oggi disponibili sul mercato sia come ingredienti di prodotti alimentari che di medicinali vegetali, seguendo rispettivamente discipline del tutto diverse. Basti pensare alla lunga serie di limiti che un farmaco incontra rispetto a un integratore per poter essere immesso in commercio: per esempio i controlli di sicurezza, qualità ed efficacia o l’autorizzazione stessa che, sebbene possa essere talvolta ottenuta tramite una procedura “semplificata” in termini soprattutto di tempistiche, come nel caso dei medicinali vegetali tradizionali con comprovato “uso tradizionale”, comporta costi pur sempre altissimi. Inoltre, la classificazione di un botanical è lasciata all’apprezzamento delle autorità competenti degli Stati membri. Non bisogna, pertanto, stupirsi se ci si ritrova ad acquistare in Francia un integratore che in Germania viene invece distribuito sotto le vesti di un farmaco, sebbene a base delle stesse sostanze.

Quali sono i rischi?

In tale contesto il Regolamento claim oggi in vigore non risulta essere di grande aiuto. In primo luogo, tale provvedimento detta una disciplina armonizzata a livello europeo soltanto per l’impiego delle indicazioni sui botanical nei prodotti alimentari, specificando che le indicazioni sugli alimenti debbano essere autorizzate a seguito di una valutazione scientifica da parte dell’Efsa, ove fossero necessari studi scientifici. In questo modo, i consumatori risultano però esposti al rischio di fare affidamento su prodotti che vantano effetti benefici paventati attraverso indicazioni del tutto provvisorie, non supportate da studi clinici e in un certo senso “abusate” dal settore alimentare, che si ritrova inevitabilmente a godere di una posizione di netto vantaggio rispetto alle aziende farmaceutiche, potendo procedere a un largo impiego di queste indicazioni senza dover rispettare particolari limiti normativi.

In secondo luogo, è ancora evidente la discrepanza nel riconoscimento del concetto di “uso tradizionale” sia per le indicazioni sugli integratori che sui prodotti medicinali vegetali tradizionali, con le differenze di cui si è accennato, sebbene il Regolamento risulti conforme alla restante normativa europea e alle numerose iniziative internazionali intraprese in tale ambito.

A quali conclusioni giunge il documento approvato lo scorso 20 maggio?

La Commissione non esita ad affermare che gli obiettivi prefissati dal Regolamento claim non sono ancora stati raggiunti e la ragione principale risiede nella verosimile coesistenza di una moltitudine di normative nazionali che regolano l’impiego di botanical e di una disciplina applicabile a livello europeo ai soli aspetti riguardanti l’etichettatura, la pubblicità o le modalità di presentazione. Ciò va sicuramente ad avere un impatto fortemente negativo per l’innovazione, per la possibilità di commercializzare lo stesso prodotto in più stati membri e, quindi, per gli operatori del settore alimentare, per quanto apparentemente avvantaggiati. E questo perché, nonostante tali sostanze possano oggi vantare indubbie proprietà benefiche, non si è tuttavia in grado di escludere con assoluta certezza la loro suscettibilità nel dare origine a eventi avversi. La Commissione, pertanto, ne esorta un riesame sistematico, ben approfondito e mirato.

Inoltre, è indubbio che il Regolamento claim non prenda effettivamente in considerazione la specifica situazione che attualmente interessa i botanical, potendo vantare una lunga tradizione d’uso intrinseca agli effetti benefici che possono derivare per la salute.

Quali possono essere ora gli sviluppi?

Di certo la Commissione si ritrova a disporre di argomenti validi e sufficienti per una riflessione che rappresenti l’inizio di un graduale ma significativo riordino della regolamentazione degli aspetti cruciali legati al mondo vegetale. Innanzitutto, ammesso che la classificazione come alimento o medicinale rimanga di competenza dei singoli stati membri, l’armonizzazione della normativa attraverso la realizzazione di una lista positiva e una negativa di tali sostanze supplirebbe all’esigenza di sicurezza e favorirebbe la libera circolazione dei prodotti, garantendo contestualmente un maggior livello di tutela della salute del consumatore mediamente avveduto.

Infine, sarebbe appropriato approfondire la nozione di “uso tradizionale” nella valutazione dell’efficacia dei claim sui botanical impiegati nei prodotti alimentari, oltre agli effetti derivanti dalla loro coesistenza sul mercato con i prodotti medicinali vegetali tradizionali.

In tal senso, risulta necessario, se non inevitabile, l’intervento coordinato delle due principali Autorità competenti, vale a dire l’Efsa per l’alimentare e l’Ema per il farmaceutico, contribuendo così a dare una svolta a una realtà che solo apparentemente risulta essere nota e pienamente valorizzata sotto il profilo normativo.

Nicola Miglino

 

 

 

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