Che la vitamina E, uno degli antiossidanti dietetici liposolubili fondamentali, giochi un ruolo importante nel determinare il profilo lipidico di chi ha diabete mellito è informazione nota. Meno chiaro, invece, sono i dosaggi, la modalità di integrazione e le caratteristiche dei soggetti che potrebbero beneficiarne, data l’eterogeneità di questi parametri nei diversi studi presenti in letteratura.

Gli Omega-3 (acido eicosapentaenoico – Epa, acido docosaesaenoico – Dha), alla dose di 4g/die, sono efficaci e utili nel ridurre i trigliceridi, insieme a una correzione dietetica e degli stili di vita, sia in monoterapia sia in aggiunta ad altre terapie ipolipemizzanti.

Queste le conclusioni, pubblicate su Circulation, cui è giunto un gruppo di lavoro dell’American heart association chiamato a valutare le evidenze cliniche in letteratura relative agli effetti degli Omega-3 sulla concentrazione plasmatica di trigliceridi e altri lipidi e lipoproteine in persone con elevata trigliceridemia.

“Alla dose di 4 g/die, sicura e generalmente ben tollerata, i trial clinici evidenziano una diminuzione del 30% dei valori di trigliceridemia con Epa+Dha in caso di valori superiori a 500 mg/dL, dove l’obiettivo, da raggiungere anche con trattamento farmacologico, è scendere sotto quota 500 dato l’alto rischio di pancreatite” sottolineano gli autori. “In questi soggetti si osserva, di contro, un incremento del c-Ldl con Epa+Dha, ma non con Epa da solo”.

Nella fascia 200-499 mg/dL, i 4g/die di Epa+Dha o solo Dha consentono una riduzione di trigliceridi del 20-30% ma senza incremento concomitante di c-Ldl se usati in monoterapia o in combinazione con statine.

“Nei maggiori trial presi in considerazione in cui venivano impiegati Epa+Dha 4mg/die, si registra anche una modesta riduzione di colesterolo non Hdl e apolipoproteina B, a indicare un generale miglioramento del profilo aterogenico”, proseguono gli autori.

L’uso di Omega3 si può accompagnare a disturbi gastrointestinali quali eruttazioni all'odore di pesce o nausea, controllabili con assunzione durante i pasti. La letteratura segnala un’interruzione del trattamento a causa degli effetti collaterali non superiore al 5% dei casi. Sul fronte della riduzione del rischio cardiovascolare, il trial Reduce-it, randomizzato, controllato vs placebo e condotto su pazienti ad alto rischio in trattamento con statine, evidenzia, per dosaggi pari a 4 g/die di Omega 3, una diminuzione del 25% di eventi cardiovascolari maggiori, mentre è stata anticipata al 2020 la comunicazione dei risultati di Strenght, trial randomizzato, controllato vs placebo su pazienti con livelli elevati di trigliceridi e bassi di c-Ldl trattati con Epa+Dha 4 g/die e statine.

“In conclusione” terminano gli autori, “gli Omega-3, alla dose di 4g/die, si dimostrano efficaci nel ridurre trigliceridi e rischio cardiovascolare, insieme alla dieta e alla correzione degli stili di vita, sia da soli che in aggiunta ad altre terapie ipolipemizzanti”.

 

 

 

 

Abbassare il c-Ldl quanto più possibile, soprattutto nei soggetti ad alto rischio cardiovascolare. Questo il messaggio chiave delle nuove linee guida sulle dislipidemie messe a punto dalle Società europee di cardiologia (Esc) e dell’aterosclerosi (Eas) e pubblicate nei giorni scorsi sull’European heart journal in concomitanza con l’avvio, a Parigi, del congresso Esc che quest’anno si è celebrato congiuntamente a quello mondiale di cardiologia.

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