Investire in prevenzione anche grazie all’impiego di integratori alimentari di provata efficacia può far risparmiare miliardi ai sistemi sanitari. Questa la conclusione di una ricerca che la Us Crn Foundation ha commissionato a Frost & Sullivan per verificare potenziali risparmi sui costi sanitari che potrebbero essere realizzati se, quando indicato, si utilizzassero integratori alimentari con dimostrata efficacia nel ridurre il rischio di malattia.

Nutraceutici con un ruolo primario in un modello di assistenza territoriale che prenda in carico le persone con fattori di rischio nella fase più precoce, che educhi ai corretti stili di vita e che programmi i tempi dell’attività di assistenza. L’auspicio è quello espresso da Carlo Ranaudo, docente di Strumenti di gestione terapeutica clinica ed economica presso il dipartimento Farmacia dell’Università di Salerno, durante la sua relazione al recente congresso nazionale Sinut di Bologna (Società italiana di nutraceutica) dal titolo Pnrr e nutraceutici: vicini o lontani?

L’82% di chi utilizza integratori per il colesterolo soffre già di ipercolesterolemia e solo il 18% vi ricorre a scopo preventivo, unitamente a uno stile di vita sano e una dieta equilibrata. Questo il dato che emerge da un’indagine di Iqvia su un campione di 500 consumatori abituali dei principali nutraceutici ipocolesterolemizzanti presenti sul mercato italiano, commissionata da Mylan e presentata nei giorni scorsi a Milano.

Il Sistema sanitario nazionale necessita di profonde modiche a partire da un totale cambiamento di mentalità: la medicina deve occuparsi più della prevenzione che della cura. Così Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano in “Il futuro della nostra salute” (San Paolo Edizioni, 176 pagine; € 17). Da dove partire, quando si parla di prevenzione? Dall’alimentazione, ovviamente.

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