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Digiuno intermittente e rischio cardiovascolare: nuovi dati dividono gli esperti

22 Aprile 2024

Un'analisi condotta su oltre 20 mila adulti statunitensi ha rilevato che chi adotta un piano alimentare limitato a un arco temporale di meno di 8 ore al giorno, ha maggiori probabilità di morire di malattie cardiovascolari rispetto a chi si alimenta in un intervallo di 12-16 ore al giorno. I risultati della ricerca sono stati presentati all'Epidemiology and prevention lifestyle and cardiometabolic scientific sessions 2024 dell'American heart association (Chicago, 18-21 marzo 2024) e hanno suscitato reazioni contrastanti di illustri clinici e ricercatori italiani.

Il digiuno intermittente, ricordiamo, comporta la limitazione delle ore durante le quali è concesso mangiare a un numero specifico ogni giorno, che può variare in una finestra temporale dalle 4 alle 12 ore nell’arco delle 24 ore. Molte persone che seguono una dieta a tempo limitato seguono un programma alimentare 16:8, in cui mangiano in una finestra di 8 ore e digiunano per le restanti 16.

Precedenti ricerche hanno evidenziato come un digiuno intermittente sia in grado di migliorare diversi parametri di salute cardiometabolica, come pressione arteriosa, glicemia e colesterolemia.

"Limitare il tempo dedicato ai pasti giornalieri a un breve periodo, per esempio 8 ore al giorno, ha guadagnato popolarità negli ultimi anni come un modo per perdere peso e migliorare la salute del cuore", hanno affermato gli Autori. "Tuttavia, gli effetti a lungo termine sulla salute sono sconosciuti."

In questo studio, i ricercatori hanno incrociato le abitudini alimentari dei partecipanti ai National health and nutrition Eexamination Surveys (Nhanes) negli anni 2003-2018 con i dati sui decessi negli Stati Uniti dal 2003 al 2019 provenienti dai database dei Centers for disease control and prevention.

Dall’analisi è emerso che chi si alimentava entro un intervallo inferiore alle 8 ore/die, presentava un rischio di morte per malattie cardiovascolari più alto del 91%. L'aumento del rischio è stato osservato anche nelle persone già con malattie cardiache o cancro. Tra chi già si presentava come cardiopatico, la finestra temporale 8-10 ore in cui alimentarsi era associata a rischio più elevato del 66% di morte per malattie cardiache o ictus. Inoltre, alimentarsi per un periodo limitato non ha ridotto il rischio complessivo di morte per qualsiasi causa mentre fa finestra di 16 ore entro la quale nutrirsi si è rivelata a minor rischio di mortalità per cancro tra le persone già colpite da tumore.

I ricercatori si sono detti sorpresi nel constatare che un digiuno 16:8 comportasse maggiori probabilità di morte per malattie cardiovascolari. “Anche se questo tipo di dieta è popolare in virtù dei potenziali benefici a breve termine, la ricerca ha chiaramente mostrato che, rispetto a un intervallo tipico di tempo per mangiare di 12-16 ore al giorno, limitare la finestra temporale per alimentarsi non aumenta la sopravvivenza”, sottolineano. “È fondamentale – aggiungono - che i pazienti, in particolare quelli con patologie cardiache o cancro, siano consapevoli di questo rischio”.

A commento dello studio, Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha sottolineato, dalle colonne del Corriere della Sera l’importanza dello studio, dal momento che il digiuno intermittente sta diventando molto popolare ma “a lungo termine può far male, anche a chi è malato di cuore o ha un tumore: ci si potrebbe chiedere se protegge da malattie dovute ad altre cause, ma secondo i ricercatori non è così”.

Di tutt’altro avviso, Antonella Viola, Ordinario di Patologia generale presso il Dip. di Scienze biomediche dell'Università di Padova, che al digiuno intermittente ha dedicato di recente un libro di grande successo. Così, tra l’altro, dalle sue pagine social: “Nella ricerca scientifica c’è una bella differenza tra un articolo pubblicato su una rivista scientifica seria, generalmente dopo molti mesi di controlli e revisioni da parte di esperti, e una comunicazione senza dati presentata a un congresso. Ecco perché è assurdo il clamore che ha suscitato una semplice comunicazione di un gruppo di ricercatori in cui si afferma che il digiuno intermittente, digiunando però più di 16 ore al giorno, sarebbe associato a un aumento significativo della mortalità. Ancora più assurdo se andiamo ad analizzare il contenuto di questa scarna comunicazione. Prima di tutto, per ammissione stessa dei ricercatori, si parla di dati riportati dalle persone, quindi non controllati e riguardanti soltanto due giorni.  A questo va aggiunto che non c’è alcuna informazione circa il tipo di alimentazione: vuol dire che potremmo trovarci nella condizione di paragonare un salutista vegetariano che mangia frutta, verdura e legumi per 12 ore al giorno con una persona che salta tutti i pasti e mangia un paio di hamburger, patatine fritte, coca cola e gelato a fine giornata. Anche l’orario in cui si consumano i pasti non è infatti considerato, nonostante sia chiarissimo che mangiare tardi la sera sia un fattore di rischio per il cuore e per la salute in generale e che il digiuno intermittente ha proprio lo scopo di portare ordine nello schema alimentare ed evitare di consumare cibo di notte. E poi non sappiamo se e quali partecipanti allo studio fumavano, consumavano alcolici e in che quantità, se facevano attività fisica e di che tipo, se soffrivano di insonnia o riposavano bene, tutti fattori che hanno un impatto enorme sulla salute. La comunicazione in questione è quindi, al momento e in queste modalità, aria fritta. Ma è una provocazione utile per ricordare alcuni concetti fondamentali, ampiamente sottolineati da chiunque si sia occupato per lavoro o per divulgazione di digiuno intermittente o, meglio, di alimentazione circadiana. Lo scopo dell’alimentazione circadiana è, come dice il nome, di allineare la nutrizione e il metabolismo ai ritmi circadiani, portando ordine laddove i ritmi frenetici delle nostre vite ci impongono spesso di mangiare a orari molto variabili e di concentrare la maggior parte delle calorie nella cena, che frequentemente si consuma molto tardi. Al contrario, l’alimentazione circadiana suggerisce di consumare i pasti a orari regolari e di non appesantire le ore dedicate al sonno con la digestione, consumando quindi l’ultimo pasto leggero entro le 20:00. Infine, sicuramente fa una enorme differenza il tipo di alimenti che si consumano perché nessuna dieta è migliore di quella mediterranea, basata sul consumo regolare di verdura, frutta, cereali integrali e legumi”.

Nicola Miglino

Elisabetta Torretta

 

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