Gli integratori a base di riso rosso fermentato sono sicuri per il fegato purché di elevati standard qualitativi. È necessaria, dunque, una serrata attività di vigilanza al fine di proteggere i consumatori dal rischio di prodotti di bassa qualità e potenzialmente pericolosi. Queste le conclusioni di una review sull’epatotossicità del riso rosso fermentato condotta da un gruppo di ricercatori guidati da Arrigo Cicero, presidente della Società italiana di nutraceutica, e pubblicata sull’European journal of integrative medicine.

Cautela e vigilanza per evitare due rischi opposti: sottostimare un fenomeno e creare allarmismi senza prove a supporto. Sono le raccomandazioni che Davide Donelli, Michele Antonelli e Fabio Firenzuoli, tra i maggiori esperti in Italia di fitoterapia, hanno affidato, in una lettera, all’Internal and emergency medicine, rivista della Società italiana di medicina interna (Simi), a commento dei recenti casi di epatotossicità collegati al consumo di curcumina e sotto monitoraggio da parte del ministero della Salute.

“L'uso tradizionale della curcumina come spezia, rimedio medicinale tradizionale e integratore alimentare sotto forma di estratto ad alta concentrazione è oggi considerato sicuro dall'Efsa, dall'Ema e dall’ Fda” sottolineano gli autori. “Gli effetti avversi riportati sono generalmente lievi e paragonabili a quelli che seguono la somministrazione di placebo, come dolore addominale, nausea, dispepsia. Tuttavia, va sottolineato che le formulazioni di curcumina a elevata biodisponibilità, come le nanoformulazioni o quelle in cui è associata alla piperina, sebbene apparentemente sicure, sono state meno studiate. Questo è un dettaglio importante, dal momento che gli eventi accaduti sembrano essere caratterizzati dall'uso di formulazioni ad alta biodisponibilità, spesso in associazione con piperina”.

In attesa di chiarimenti, si propongono alcune considerazioni utili alla comunità scientifica:

  1. casi di epatite sono stati concentrati negli ultimi 6 mesi, anche se non è escluso che potrebbero aumentare;
  2. i casi sono spesso legati all'uso della curcumina non solo di origine vegetale ma anche sintetica;
  3. la maggior parte degli integratori alimentari coinvolti contiene un'associazione di curcumina e piperina o una formulazione a elevata biodisponibilità;
  4. l'analisi del prodotto è fondamentale per escludere tutte le possibili ma anche possibili adulterazioni con altri specie di curcuma contenenti sostanze potenzialmente epatotossiche terpeniche come lo zederone;
  5. i pazienti andrebbero valutati dal punto di vista genetico per identificare potenziali polimorfismi che possono alterare il metabolismo epatico della curcumina e/o della piperina;
  6. ogni caso di epatite colestatica acuta con eziologia sconosciuta richiede un'anamnesi nutrizionale e farmacologica approfondita, perché altre sostanze naturali considerate finora sicure possono essere coinvolte;
  7. è importante che ogni caso sospetto che segue il consumo di un integratore alimentare o di un prodotto a base di erbe sia segnalato alle autorità sanitarie come "sospetto di reazione avversa a un prodotto naturale", per migliorare la conoscenza del fenomeno.

Il rischio di un allarmismo eccessivo, a detta degli autori, è che si arrivi a definire politiche di regolamentazione precauzionale altamente limitanti, come già accaduto in passato, per esempio con le restrizioni sull'uso di kava-kava che ha provocato la completa indisponibilità delle materie prime in Europa. “Se non giustificate, tali limitazioni avrebbero solo ripercussioni negative sulla pratica clinica della fitoterapia. A oggi, il profilo di efficacia e sicurezza della curcumina è positivo per diverse condizioni patologiche, in particolare per le malattie infiammatorie croniche e per il trattamento integrativo del cancro in oncologia, dove queste sostanze sono spesso utili ai medici per gestire e ottimizzare le terapie. La nostra speranza è che la comunità scientifica, così come le autorità sanitarie di tutti i paesi, capiscano tempestivamente e correttamente il fenomeno e lo controllino il prima possibile, migliorando anche le verifiche di qualità e di approvazione di sicurezza di tali prodotti”.

Mentre prosegue l’attività di verifica del ministero della Salute sui casi di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di curcuma, crescono i timori legati al consumo della sostanza. Ecco l’opinione di Ludovico Abenavoli, professore associato di Gastroenterologia all’Università Magna Grecia di Catanzaro.

Sono diversi i casi segnalati in queste ultime settimane di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di curcuma, tutti, per fortuna, risoltisi favorevolmente. Il ministero della Salute ha nominato una Commissione per studiare il fenomeno. Dal momento che i casi sembrano essersi verificati con prodotti di ditte differenti, una delle ipotesi attualmente allo studio è che questi possano essere stati realizzati con una materia prima comune contaminata con sostanze epatotossiche. 

Essendo la situazione in continua evoluzione, si consiglia di consultare il sito del Ministero per un aggiornamento costante anche sui lotti coinvolti.

Così Marco Silano, direttore dell'Unità operativa Alimentazione, Nutrizione e Salute dell'Iss all’Adnkronos: “Le analisi proseguono e l'aumento delle segnalazioni di epatiti dovute al consumo di integratori a base di curcuma è atteso, perché ora il fenomeno è monitorato. Le Regioni hanno scritto alle Asl di segnalare tutti i casi. Ma potenzialmente ve ne potrebbero essere stati anche altri, in passato, non segnalati». La curcuma, oltre a essere una spezia, viene usata, precisa l'esperto, “per la perdita di peso a l'esperto, ma l'indicazione non è scientificamente provata. Gli accertamenti analitici sui lotti interessati sono negativi, nel senso che non abbiamo ancora individuato nessuna sostanza contaminate, o aggiunta in modo fraudolento, che potrebbe spiegare le intossicazioni. Tra le ipotesi al vaglio, il fatto che le epatiti possano esser collegate alla materia prima, ovvero alla curcuma importata e utilizzata per realizzare gli integratori. Sembra per ora non si sia trattato di casi di sovradosaggio». 

Dal canto suo, Federsalus, che rappresenta le aziende di settore, raccomanda in una nota "che il consumatore valuti con il proprio medico, in caso di trattamenti farmacologici concomitanti ed in relazione al proprio stato di salute, l’assunzione di prodotti con curcuma, rispettando le dosi consigliate ed ogni altra indicazione utile alla loro corretta assunzione".

E aggiunge: "A oggi, le Autorità non hanno identificato nessuna possibile causa degli effetti avversi; di contro, questa pianta è di tradizione e sicuro impiego alimentare, prevista e ammessa dal Decreto Ministeriale 10/08/2018 per essere utilizzata negli integratori alimentari. Anche il suo utilizzo come additivo alimentare (curcumina E 100) è stato giudicato sicuro dall’ Autorità europea di sicurezza alimentare (Efsa) e previsto dalla legislazione europea".

Le aziende di produzione e commercializzazione di integratori alimentari, si sottolinea, stanno condividendo con le autorità di competenza tutti i dati utili alla tracciabilità dei prodotti e alla possibile identificazione del rischio e stanno disponendo ogni azione utile alla garanzia del consumatore.

L’Associazione, infine, "alla luce delle criticità emerse nell’individuazione di tutti i numeri di lotto dei prodotti correlati ai casi segnalati e della mancata notifica ad alcuni degli operatori coinvolti, nell’interesse della salute e della sicurezza dei consumatori, comunica la propria disponibilità a collaborare con le Istituzioni al fine di individuare le procedure utili a definire un sistema di vigilanza efficace".

 

 

 

 

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