Esperti riuniti a Catania: difendiamo i carboidrati

20 Novembre 2023

No alla carbofobia, ma necessità di valorizzare al meglio alcuni aspetti di qualità dei carboidrati, la nostra principale fonte di energia.  Questo il messaggio che emerge dal confronto tra ricercatori, nutrizionisti, clinici ed epidemiologi riunitisi di recente a Catania per il V Convegno dell’International Carbohydrate quality consortium (Icqc), organizzazione internazionale senza scopo di lucro fondata da Walter Willett dell’Università di Harvard e David Jenkins dell’Università di Toronto per supportare e diffondere le conoscenze sulla relazione tra carboidrati di origine alimentare e salute.

Perché tanti regimi alimentari propongono di eliminare i carboidrati dalla dieta?

La principale accusa da parte dei promotori delle diete low carb è di provocare picchi glicemici, responsabili di una risposta sempre meno efficace all’insulina e della deposizione del glucosio sottoforma di grasso corporeo, favorendo così condizioni come diabete e obesità.

“Si tratta di un equivoco che nasce dal fatto che si trascurano le differenze tra i vari tipi di carboidrati e la composizione complessiva degli alimenti”, sottolinea in una nota Icqt. “I carboidrati complessi a lento assorbimento provocano un più graduale innalzamento della glicemia e contribuiscono a una prolungata sensazione di sazietà dopo il pasto”.

Esempi? Appartengono a questo gruppo la pasta cotta al dente, gli ortaggi e la frutta, tutti con indice glicemico (Ig) al di sotto di 55. Favorisce il controllo dell’indice glicemico un’alimentazione ad alto contenuto di carboidrati con queste caratteristiche e di fibra (25-30 grammi al giorno), di cui sono particolarmente ricchi frutta, legumi, avena, orzo (fonti di fibre solubili), alimenti a base di cereali integrali, crusca di frumento e verdure (fonti di fibre insolubili). Anche la presenza di grassi negli alimenti ne abbassa la risposta glicemiIndice glicemico e parete cellulare

Tra i temi più interessanti emersi dal dibattito dell’Icqc, la correlazione tra l’indice glicemico e la parete cellulare dei cibi di origine vegetale. Secondo un recente documento di consenso dello stesso gruppo internazionale di esperti, pubblicato sulla rivista Nutrients, quando questa parete si rompe, l’indice glicemico sale. Uno studio sperimentale ha dimostrato che basta schiacciare una patata per aumentarne (fino al 20%) l’indice glicemico rispetto all’alimento intero bollito. La struttura degli alimenti condiziona la resistenza della parete delle cellule che li costituiscono: in cereali, semi e verdure crude, la probabilità che la parete cellulare si fratturi durante la lavorazione o la cottura è più elevata che per verdure cotte o frutta matura, caratterizzati da una minore coesione cellulare.

La pasta è un esempio di come la struttura dell’alimento determini l’impatto metabolico, ma anche la dimostrazione, dice Icqc, che la trasformazione tecnologica dei cibi non aumenta necessariamente l’indice glicemico, anzi. L’Indice glicemico medio-basso della pasta è probabilmente correlato alle dimensioni e alle caratteristiche delle particelle dopo la cottura e la masticazione. Il processo produttivo della pasta, che nasce da un impasto di semola di grano duro e acqua, porta infatti alla creazione di una microstruttura nella quale il glutine incapsula e protegge i granuli di amido dall'azione degli enzimi digestivi, rallentando così il rilascio di glucosio post-prandiale.

Migliorare le tecniche produttive

Secondo gli esperti di Icqc, una maggiore comprensione dei meccanismi alla base della relazione tra la struttura degli alimenti e il loro comportamento durante le varie fasi di preparazione, cottura e digestione è il primo passo per arrivare a produrre il cibo con tecnologie che mantengano integra la parete cellulare vegetale. Preservando o migliorando, di conseguenza, le proprietà nutrizionali degli alimenti, almeno per quanto riguarda la loro componente in carboidrati. In alcuni prodotti il futuro in realtà è già adesso, grazie a nuove tecnologie come la macinazione selettiva dei cereali, che elimina solamente lo strato esterno del chicco, senza toccare lo strato aleuronico, più interno, nel quale si concentrano le proteine, garantendo così un maggior apporto di fibre, di antiossidanti e minerali. Così come alcune tecniche di estrusione che influenzano la digeribilità degli amidi riducendo l’indice glicemico degli alimenti che li contengono.

I rischi di Nova

Secondo gli esperti di Icqc, il valore aggiunto di alcuni processi di trasformazione dei cereali, necessari per rendere edibile il contenuto del chicco di frumento e trasformarlo in pasta, pane e derivati, mette più di un punto interrogativo sull’attendibilità scientifica della classificazione degli alimenti proposta da Nova. Per esempio, dall’analisi di oltre 2.200 alimenti, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2022 sulla rivista Current developments in nutrition, è emerso che i prodotti che secondo la classificazione Nova vengono definiti ultraprocessati (Upf) hanno spesso un minore e più favorevole indice glicemico rispetto ad alimenti meno o minimamente trasformati.

Solo nel 15% dei casi descritti nello studio l’indice glicemico e il carico glicemico (che riflette anche il contenuto di carboidrati dell’alimento) erano più alti nella versione ultra-processata. Ma, dicono, Nova lascia intendere che tutti i prodotti ultra-processati siano da evitare senza considerarne le caratteristiche nutrizionali. Secondo gli esperti di Icqc, la distinzione degli alimenti a base di carboidrati proposta da Nova, che non considera la qualità dei carboidrati, porta a sottovalutare i vantaggi degli alimenti a basso indice glicemico, importante soprattutto per diverse categorie di consumatori (come sportivi, donne in gravidanza, anziani) e non aiuta quindi, almeno per quanto riguarda i carboidrati stessi, a orientare le scelte alimentari delle persone verso una dieta complessivamente più salutare.

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