Tutte le più recenti evidenze scientifiche sul ruolo degli antiossidanti. Questo il contenuto di Antioxidants effects in health - The bright and the dark side (S. Mohammad Nabavi, A. Silva; Elsevier, 362 pp.; 107 Euro), un volume che affronta senza reticenze luci e ombre della relazione tra stress ossidativo e salute. Gli antiossidanti vengono suddivisi in endogeni, naturali e sintetici, ne viene raccontata la storia attraverso le scoperte nel tempo, se ne discutono le proprietà biochimiche, le fonti e gli effetti principali. Sei sezioni per 65 capitoli che culminano in una parte interamente dedicata al rapporto tra antiossidanti e malattie, con uno sguardo alle prospettive più promettenti suggerite dagli studi in corso.
Come noto, i principali meccanismi molecolari dell’invecchiamento cutaneo che portano a un danno progressivo delle cellule sono principalmente lo stress ossidativo, provocato dall’accumulo dei radicali liberi, la glicazione, la metilazione, il Dna repair e l’infiammazione. Vediamo insieme a Mariuccia Bucci, dermatologo plastico, segretario scientifico Isplad (International-italian society of plastic, regenerative and oncology dermatology), nonché esperta di integrazione alimentare legata alla salute della pelle, quali sono le nuove frontiere in quest’ambito, a partire dall’impiego di antiossidanti contro i radicali liberi.
Il selenio esercita i suoi effetti antiossidanti, antinfiammatori e antivirali agendo sulla struttura di almeno 25 selenoproteine umane ed è uno dei componenti essenziali dell'enzima glutatione perossidasi che protegge gli acidi grassi insaturi e le proteine contro i radicali liberi, i perossidi e gli idroperossidi lipidici.
Una risposta cerebrale antiossidante potrebbe essere la chiave di volta per impedire i processi di neurodegenerazione causati dall’Alzheimer, aprendo le porte all’ipotesi che anche un apporto equilibrato di micronutrienti possa avere un ruolo nella protezione dal danno causato dall'accumulo di beta-amiloide. Questo quanto suggerito da uno studio pubblicato su The Journal of Neuroscience, frutto della collaborazione tra la University of Texas medical branch (Utmb), l’Oregon health & science university e l’Università degli studi di Roma Tre.