Assorbimento e metabolismo del ferro sono fondamentali per l’organismo: stati di carenza portano ad anemia, ma anche il ferro in eccesso può portare a emocromatosi con conseguenti danni d’organo. Ecco così che un gruppo di ricercatori dell’Università di Vienna ha provato a fare luce sui motivi legati a possibili carenze di ferro nel sangue, anche quando l’apporto è in quantità sufficienti.

Normalmente, abbiamo bisogno di 1-2 g/die di ferro da assumere con la dieta. Il minerale viene assorbito a livello del duodeno e ora si è visto che nel meccanismo di omeostasi entrano in gioco anche cellule del olato dal sistema immunitario, in particolare i macrofagi: la loro attivazione nel duodeno porta a una mancata disponibilità di ferro nel resto dell’organismo. In che modo? L’attivazione dei macrofagi va a discapito della transferrina, la molecola di trasporto del ferro nel sangue: viene distrutta e il ferro rimane intrappolato nelle cellule intestinali, non potendo raggiungere così il flusso ematico. Ad attivare i macrofagi, sembrano essere anche stati di digiuno o infezioni intestinali e ora i ricercatori si sono ripromessi di andare a vedere che succede in caso di malattie infiammatorie croniche dell’intestino.

“La carenza di ferro è una delle cinque principali cause di problemi di salute nella popolazione”, sottolinea Nyamdelger Sukhbaatar, del MedUni Vienna's centre for pathobiochemistry and genetics e coordinatore dello studio. “Colpisce il 30% della popolazione mondiale, in particolare le donne. Il motivo per cui può verificarsi, anche con assunzioni di ferro corrette attraverso la dieta, non è stato ancora sufficientemente chiarito. I nostri risultati possono aprire una strada per nuove opzioni di intervento”. (n.m.)