Secondo il ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, si trattava di “un testo di conclusioni del Consiglio che non rifletteva la nostra visione, frutto di un approccio non neutrale. Se ci si dota di uno schema Ue armonizzato, non si può permettere che sussistano schemi nazionali creati a partire da presupposti diversi. La convivenza tra un nuovo schema Ue armonizzato e gli schemi attuali non farà altro che creare più confusione e ostacoli al mercato interno». E ancora: «Il testo di conclusioni ipotizza uno schema immediatamente comprensibile, che non richieda conoscenze in materia nutrizionale; quest'approccio va radicalmente rivisto se abbiamo a cuore una informazione corretta a garanzia della salute dei consumatori e di stili di vita sani. Mi sorprende la reticenza a richiamare, nel testo proposto dalla commissione l'articolo 35 del regolamento 1169/2011. Norma vigente, che solo l'Italia ha attuato con lo schema Nutrinform Battery, e che viene volutamente messa da parte, senza che vi siano prove della sua inefficacia, per un interesse che non è né dei consumatori né del mondo agricolo».
Secondo Bellanova “se i cittadini si sono allontanati dalle diete tradizionali per abbracciare stili di alimentazione meno salutari, non si risolve il problema indirizzando le loro scelte con semplicistiche classificazioni degli alimenti in buoni e cattivi. Li dobbiamo conquistare, spiegando in modo trasparente che cosa una singola porzione di prodotto apporta alle loro esigenze e prevedendo campagne educative che insistano su varietà, moderazione, giusta combinazione degli alimenti, frequenza raccomandata di consumo, modalità di cottura. Sono questi i segreti del successo delle diete tradizionali come quella Mediterranea che non si sostituiscono con un colore, tanto meno per colmare presunte disuguaglianze sociali, che si colmano, al contrario, dotando chi ha meno mezzi di migliori strumenti per la comprensione”.
Quanto all’etichettatura d’origine, il ministro delle Politiche agricole ha denunciato durante il Consiglio che “non si è dimostrato alcun impatto negativo delle etichettature obbligatorie già esistenti” e ha giudicato tendenziosa l’attenzione al presunto impatto sul mercato comune dell’estensione dell’obbligo”.
Aggiungendo, inoltre di “non condividere la priorità per prodotti come latte e carne” per l’applicazione dell’etichettatura d’origine. L’Italia, ha concluso, “chiede l’indicazione obbligatoria dell’origine di tutti i prodotti alimentari, a partire certamente da quelli per noi prioritari, come pasta, riso e derivati del pomodoro e ovviamente anche di latte e carne”. (nm)