Dieta a base vegetale protegge dal rischio cardiovascolare. Conferme su Circulation

07 Settembre 2021

Seguire una dieta a base vegetale in giovane età protegge dal rischio cardiovascolare negli anni successivi. Questi i risultati di uno studio su circa 5 mila pazienti e con 30 anni di follow-up pubblicato su Circulation, contestualmente a un’altra ricerca su donne in menopausa monitorate per 15 anni in cui un’alimentazione ricca di frutta e verdura, nel tempo, ha dimostrato di preservare l’organismo dal pericolo di complicanze cardiovascolari.

Nel primo caso, ricercatori dell’Università del Minnesota hanno preso in esame dieta e insorgenza di malattie cardiovascolari in 4.946 adulti arruolati nello studio Cardia (Coronary artery risk development in young adults). I partecipanti avevano dai 18 ai 30 anni di età al momento del reclutamento (1985-1986) ed erano senza cardiopatie in corso. Sono stati seguiti per 32 anni, con otto valutazioni intermedie che prevedevano test di laboratorio, misurazioni antropometriche, anamnesi e valutazione dello stile di vita.

Nessuna indicazione alimentare è stata fornita, per evitare condizionamenti. La qualità della dieta è stata misurata in base al punteggio Apdqs, attribuendo valori più alti ad alimenti come frutta, verdura, fagioli, noci e cereali integrali, e più bassi a cibi come patatine fritte, carne rossa, snack salati, pasticcini e bibite. Nel complesso, a punteggi più elevati corrispondeva una dieta più ricca di nutrienti e incentrata sul consumo di alimenti vegetali.

I risultati rivelano che, durante i 32 anni di follow-up, 289 partecipanti hanno avuto un evento cardiovascolare (inclusi infarto, ictus, insufficienza cardiaca, angina, coronaropatia). Chi aveva ottenuto un punteggio del 20% superiore alla media, dunque consumava più alimenti vegetali e meno prodotti di origine animale, aveva il 52% in meno di probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari, indipendentemente da età, sesso, consumo calorico medio, istruzione, storia familiare di malattie cardiache, fumo e attività fisica. Oltre a ciò, i partecipanti che tra il settimo e il ventesimo anno di studio hanno migliorato la qualità della loro dieta, hanno avuto il 61% in meno di probabilità di manifestare problemi cardiovascolari successivi rispetto ai partecipanti la cui qualità della dieta è invece diminuita nello stesso periodo.

Pochi vegetariani tra i partecipanti e, pertanto, lo studio non è stato in grado di valutare i possibili benefici di una dieta vegetariana rigorosa, che escludesse tutti i prodotti animali, inclusi carne, latticini e uova.

Così Yuni Choi, ricercatore alla School of public health dell'Università del Minnesota e principal investigator dello studio. "Una dieta ricca di nutrienti di origine vegetale è benefica per la salute cardiovascolare, anche se non rigorosamente vegetariana. Meglio scegliere tra alimenti vegetali naturali, non altamente trasformati, senza escludere, saltuariamente, prodotti animali come pollame o pesce non fritti, uova e latticini magri”.

In un altro studio, ricercatori della Brown University, nel Rhode Island, hanno analizzato la dieta di 123.330 donne afferenti alla Women's health initiative, valutate in base all’aderenza alla Portfolio diet, un regime alimentare caratterizzato dall’assunzione di quattro elementi chiave: noci o altra frutta secca a guscio; proteine vegetali ottenute dal consumo di legumi quali soia, fagioli, piselli, lenticchie, ceci; fibre solubili viscose ricavate da avena, melanzane, orzo, semi di lino, mele e altra frutta; steroli vegetali.

A inizio arruolamento (1993-1998), l’età delle partecipanti oscillava tra i 50 e i 79 anni, seguite poi per una media di circa 15 anni.

A fine follow-up, chi ha mostrato maggiore aderenza alla Portfolio è risultata avere un rischio inferiore dell’11% di sviluppare malattie cardiovascolari di qualsiasi tipo, del 14% di incorrere in coronaropatie e del 17% di insufficienza cardiaca.

"Dai nostri dati sembra emergere anche un effetto dose-risposta nell’adesione a questo tipo di regime dietetico, facendo supporre che seguirlo in maniera rigorosa potrebbe apportare benefici ulteriori, forse anche pari a quelli ottenibili con le terapie farmacologiche, benché una riduzione del rischio di cardiopatie dell’11% è già per noi clinicamente significativo”, conclude Andrea J. Glenn, nutrizionista dell’Università di Toronto e prima firma della ricerca.

Nicola Miglino

 

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