Fibre e rischio cardiovascolare: quelle da cereali le più virtuose

12 Aprile 2022

Non tutte le fibre alimentari sono uguali: solo quelle di cereali e non quelle di frutta o verdura sono collegate a una minore infiammazione e minor rischio cardiovascolare. Questi i risultati di uno studio pubblicato su Jama network open.

La ricerca include dati provenienti da individui anziani arruolati nel Cardiovascular health study dal 1989 al 1990, con informazioni dettagliate su tipi di fibre consumate, infiammazione ed eventi cardiovascolari (ictus, infarto miocardico e morte cardiovascolare aterosclerotica) ottenute tramite questionari alimentari, campioni ematici e cartelle cliniche.

"I risultati ci dicono che un maggior consumo di fibre è correlata a minor rischio cardiovascolare, con molta probabilità in virtù di un abbassamento dello stato infiammatorio che consente di limitare l’incidenza di ictus, infarto miocardico e morte cardiovascolare aterosclerotica”, dice Rupak Shivakoti della Columbia Mailman School e tra gli Autori dello studio. "I dati, però, evidenziano anche che i vantaggi antinfiammatori sono superiori per le fibre derivate da cereali e non da frutta e verdura. Il dato è sorprendente. Sebbene, infatti, siano molte le evidenze in letteratura che suggeriscono come la fibra in generale eserciti effetti antinfiammatori, migliorando la funzione intestinale, modificando lo stile alimentare di chi la consuma, con riduzione dei grassi e dell'apporto energetico totale, e migliorando il metabolismo lipidico e glicemico, il motivo per cui la fibra di cereali ma non quella vegetale o di frutta sia associata a minore infiammazione non è chiaro e merita ulteriori indagini. Inoltre, per la tipologia della nostra analisi, è da verificare se sia la fibra di cereali di per sé o altri nutrienti negli alimenti ricchi di fibre di cereali alla base delle relazioni osservate. Comunque, l'infiammazione, sembra giocare un ruolo modesto nel mediare l'associazione inversa osservata tra consumo di fibra e rischio cardiovascolare. Ciò suggerisce che altri fattori potrebbero svolgere un ruolo più importante nella riduzione del rischio e dovranno essere testati in futuri interventi”.

Silvia Ambrogio

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