Per la diagnosi di NAFLD (steatosi epatica non alcolica), di NASH (steatoepatite non alcolica) e del grado di fibrosi, sono a disposizione del clinico sia score predittivi di malattia non invasivi e di semplice applicazione, sia indagini strumentali che permettono di confermare la presenza della patologia e di caratterizzarla in modo più specifico.

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Si stima che la NAFLD, o steatosi epatica non alcolica, sia presente nel 78,8% dei soggetti affetti da sindrome metabolica e nel 70-80% dei pazienti affetti da diabete di tipo 2. La relazione è tale che, recentemente, un consenso internazionale di esperti ha proposto di rinominare la NAFLD in “malattia del fegato grasso associata a disfunzione metabolica” (MAFLD), termine che focalizza proprio l’attenzione sull'interazione bidirezionale tra fegato grasso e alterazioni metaboliche e sottolinea la necessità di valutare questa condizione indipendentemente dal consumo di alcol e altre coesistenti cause di malattie del fegato.

La steatosi epatica non alcolica (Nafld) è una condizione clinica caratterizzata dall’infiltrazione degli epatociti da parte dei lipidi. È molto diffusa nella popolazione generale, colpendo il 25% degli adulti, con una prevalenza raddoppiata nei pazienti con sindrome metabolica, diabetici e obesi. Quasi un terzo dei casi di Nafld evolve in steatoepatite non alcolica (Nash), una condizione più grave caratterizzata da stato infiammatorio e da una degenerazione tissutale che può sfociare, nel tempo, in fibrosi e cirrosi epatica.

Il fegato svolge un ruolo essenziale in una varietà di processi biochimici complessi, tra cui il metabolismo dei macronutrienti, l'attivazione e la conservazione delle vitamine, la detossificazione e l'escrezione dei prodotti di scarto. Non sorprende, perciò, che il danno epatocellulare si traduca in squilibri metabolici che aumentano cumulativamente il rischio di sviluppare malnutrizione proteico-calorica e alterazioni dei micronutrienti.

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