Da tempo, il team sta indagando le dinamiche di trasmissione dei segnali intracellulari nel cervello, per cercare di comprendere al meglio meccanismi legati a memoria, visione e comportamento. Già 15 anni fa avevano identificato un recettore, denominato Gpr158, coinvolto nella depressione indotta da stress, verificando come topi deprivati del gene di quel recettore fossero decisamente più resilienti a stimoli stressogeni.
Da qui, la curiosità di arrivare a comprendere quale fosse la molecola in grado di interagire con Gpr158 e modularne l’attività. La svolta nel 2021, quando un’analisi del recettore ne ha svelato la struttura, consentendo di individuare il profilo del ligando: dove essere un aminoacido. Ecco, così, che è partita la caccia tra i potenziali candidati, ma solo uno è risultato compatibile: la glicina, appunto. Ulteriore sorpresa: l’effetto del legame era di tipo inibitorio, aprendo così le porte, secondo gli Autori, a studi clinici per verificare eventuali risvolti terapeutici. “Ci sono pochi farmaci a disposizione per chi soffre di depressione e la maggior parte impiega settimane prima di fare effetto, se lo fa” spiegano gli autori. “Sono davvero necessarie nuove e migliori opzioni per quello che si profila come uno dei bisogni sanitari più urgenti al mondo. Il numero di pazienti depressi è aumentato negli ultimi anni, soprattutto tra i giovani adulti: la glicina e il recettore Gpr158 potrebbero aprire la strada a nuove speranze di cura”.
Nicola Miglino