I ricercatori hanno analizzato i dati di 11 studi esistenti dedicati ad approfondire il legame tra depressione e diete pro-infiammatorie, per un totale di oltre 100mila partecipanti di genere, etnia ed età variabile (16-72 anni), provenienti da Stati Uniti, Australia, Europa e Medio Oriente.
Tutti gli studi hanno registrato la presenza di sintomi depressivi nei partecipanti (valutati attraverso auto-osservazione, diagnosi mediche e/o uso di antidepressivi), e raccolto informazioni con un questionario dettagliato sul tipo di dieta. A ciascun partecipante è stato assegnato un punteggio in base all'indice infiammatorio dietetico.
In tutti gli studi, i partecipanti che avevano dieta pro-infiammatorie avevano, in media,una probabilità di 1.4 volte più elevata di avere sintomi depressivi o depressione. I risultati si mantenevano indipendentemente dall'età o dal sesso, ed erano uguali sia nei periodi di follow-up brevi che in quelli più prolungati.
Questi risultati, commentano gli autori, hanno un enorme potenziale clinico per il trattamento della depressione e, se è vero, anche di altre malattie come la demenza di Alzheimer che hanno anche una componente infiammatoria sottostante.
Cambiare semplicemente abitudini alimentari potrebbe quindi essere un'alternativa più economica agli interventi farmacologici, spesso gravati da effetti collaterali.
Una dieta anti-infiammatoria particolarmente ricca di fibre, vitamine (specialmente A, C, D) e grassi insaturi potrebbe essere implementata come trattamento per la depressione. Un esempio su tutti è rappresentato dalla dieta mediterranea dove la presenza di olio d'oliva, verdure, legumi e pesce ricco in omega-3 potrebbe aiutare a ridurre i sintomi depressivi.
Elisabetta Torretta