Rischio cardiovascolare: il colesterolo della dieta non è il nemico numero uno

15 Gennaio 2020

Su un recente numero della rivista Circulation è apparsa una revisione scientifica su iniziativa dell’American heart association (Aha) in cui si sottolineano i recenti cambiamenti nelle linee guida dietetiche per contrastare le malattie cardiovascolari (Cvd), con particolare attenzione alle raccomandazioni dell'Aha e dell'American college of cardiology che non individuano più un obiettivo soglia di introduzione con la dieta di colesterolo, un tempo fissato a non più di 300 mg/die.

Gli studi attualmente disponibili, infatti, non sono riusciti a dimostrare una correlazione diretta e inequivocabile tra colesterolo alimentare e maggiori livelli di c-Ldl nel sangue. Inoltre, gli studi osservazionali non hanno nemmeno dimostrato una chiara relazione tra colesterolo della dieta e rischio di malattia cardiovascolare.

Questo, a giudizio degli autori, è avvenuto anche per una serie di problemi metodologici e di veri e propri “bias” legati alla mancata correzione di fattori confondenti, quali, per esempio il ruolo degli acidi grassi saturi, piuttosto che delle fibre o altri nutrienti.

La conclusione è la seguente: “La maggior parte degli studi osservazionali pubblicati non identifica una significativa associazione positiva tra colesterolo alimentare e rischio di Cvd”. Ciò che sembra avere reale importanza è seguire una dieta globalmente sana anziché concentrare l’attenzione sul solo colesterolo alimentare.

Questa posizione era già stata sostenuta in precedenti lavori pubblicati tra il 2012 e il 2015, fino all’ultimo del 2018 curato da Ghada Soliman del Department of environmental, occupational, and geospatial health sciences, presso la City University di New York, la quale su Nutrients sosteneva come, per anni, il colesterolo introdotto con la dieta fosse stato associato a un incremento dei livelli di colesterolo nel sangue e di conseguenza  ad aumento del rischio  di malattia  cardiovascolare senza che nessuna ricerca avesse dimostrato in modo convincente tali correlazioni.

Per questo motivo, le linee guida dietetiche americane 2015-2020 hanno rimosso le raccomandazioni limitanti il colesterolo introdotto con gli alimenti a 300 mg/die.  Anche in questa analisi si evidenzia come la maggior parte dei cibi ricchi di colesterolo siano anche ad alto contenuto di acidi grassi saturi e quindi è difficile discriminare il reale peso sul rischio di malattia cardiovascolare.

Soliman si spinge, come peraltro altri Autori in precedenza, a “sdoganare” le uova, considerate alimenti a basso costo ricche di numerosi micronutrienti tra cui vitamine e minerali e proteine di  qualità con acidi grassi saturi minimi (1,56 g /uovo). Per queste ragioni la ricercatrice ritiene utile includere le uova, con moderazione, come parte di un modello alimentare sano, specie per categorie particolari come bambini e anziani.

Queste ricerche e prese di posizione sono di sicuro interesse per affrontare il tema della corretta alimentazione in modo equilibrato, razionale e scientifico, evitando posizioni  ideologiche o pseudo- filosofiche; si vedano in proposito gli opposti movimenti e le posizioni reperibili in rete , note come “dietary cholesterol myth” di matrice vegana e il suo contraltare noto come  “cholestherol denialism”.

A nostro avviso non si può trascurare come la maggior parte degli alimenti che contribuiscono ad aumentare la colesterolemia, sono generalmente ricchi anche di grassi saturi correlati all’ incremento di colesterolo Ldl. Inoltre, molte evidenze scientifiche dimostrano come la dieta mediterranea e la dieta Dash per l'ipertensione arteriosa abbiano effetti protettivi sull’apparato cardiovascolare.

È quindi auspicabile che, senza cadere in allarmismi ed estremismi da web, si continui a preferire una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi saturi, carni magre pesce o proteine ​​a base vegetale. I grassi saturi, che si trovano principalmente in prodotti animali come carne e latticini grassi, dovrebbero essere limitati o sostituiti con grassi polinsaturi.

Attenzione estrema andrebbe infine posta su alimenti e bevande ricchi di zuccheri consumate spesso da giovani e talvolta anche da anziani con effetti deleteri sia dal punto di vista metabolico che, soprattutto nella popolazione anziana, sullo stato di idratazione.

Antonio Ferrero, S.s. Cardiologia Chieri-Carmagnola AslTo 

Tecla Marchese, Geriatria e Riabilitazione, casa di cura “Villa Adriana” Arignano (To)  

Top
Questo sito utilizza i cookies, che consentono di ottimizzarne le prestazioni e di offrire una migliore esperienza all'utente. More details…