Tre i modelli dietetici messia confronti: il digiuno intermittente (due giorni a settimana di restrizione calorica: 500 Kcal/die per le donne e 600 per gli uomini), la dieta mediterranea (cereali, frutta, verdura, legumi, semi, olio di oliva e moderato consumo di carni rosse e grassi animali, pesce, carne bianca, uova e latticini), e la paleo-dieta (con alcune varianti che contemplavano anche l’uso saltuario di latticini, legumi e cerali).
Nella fattispecie sono stati selezionati 250 partecipanti, tutti in condizioni di sovrappeso (Bmi ≥ 27) ai quali è stato chiesto di scegliere spontaneamente quale dieta tra le tre intendessero seguire per 12 mesi. Una volta stabilita la preferenza, venivano istruiti sulle caratteristiche generali del modello prescelto e poi lasciati procedere in autonomia per l’intero anno, senza supporto di un nutrizionista, con l’obiettivo di verificare i risultati rispetto a ciò che effettivamente accade nella vita reale. Periodicamente venivano valutati peso, composizione corporea, pressione sanguigna, attività fisica (0, 6 e 12 mesi) e indici ematochimici (0 e 12 mesi).
Il 54,4% ha scelto di seguire il digiuno intermittente (Di), il 27,2 la dieta mediterranea (Dm) e il 18,4 la paleo-dieta (Pd).
A distanza di un anno, il modello a maggiore fedeltà è risultato quello mediterraneo, seguito ancora dal 57% dei partecipanti. Per il Di la percentuale è stata del 54% e per la Pd del 35%. In termini di perdita di peso, i maggiori risultati (-4Kg) si sono ottenuti con il Di, seguito da Dm (-2,8 Kg) e Pd (-1,8 Kg). Sul fronte cardiometabolico, una riduzione della pressione arteriosa si è osservata sia con il digiuno intermittente (-4,9 mmHg), sia con la dieta mediterranea (-5,9 mmHg) mentre solo con quest’ultima si è ottenuta una diminuzione dell’emoglobina glicata (-0,08 mmol/mol).
"Il nostro lavoro supporta l'idea che non esista la dieta giusta per tutti”, sottolinea Melyssa Roy, ricercatrice presso il Dipartimento di medicina dell’Università di Otago. “Vi sono diverse opzioni che possono adattarsi a ciascuno di noi ed essere comunque efficaci. In questo studio, le persone sono state istruite all’inizio sui modelli dietetici prescelti ma poi hanno continuato a seguirli in autonomia, proseguendo la loro vita abituale. Questo ci ha consentito di avere un quadro di ciò che accade normalmente nel cosiddetto mondo reale. Da notare sicuramente l’alto tasso di abbandono nel corso dell’anno di osservazione e una perdita di peso modesta, mediamente tra i 2 e i 4 chili, pur comunque evidenziando, per esempio nel caso della dieta mediterranea, benefici sia sulla pressione arteriosa, sia sulla glicemia. Importante, però, è che tra coloro che, dopo i 12 mesi, riuscivano ancora a seguire la dieta prescelta, la perdita di peso e i benefici cardiometabolici aumentavano, segnale evidente di quanto sia cruciale scegliersi un modello alimentare sostenibile da mantenere nel tempo”.
Nicola Miglino