Negli ultimi anni, il ruolo di questo elemento nell'incidenza della depressione ha guadagnato molta attenzione, dovuta alla sua capacità di antagonizzare il Ca2+ bloccando in modo non competitivo i canali del recettore dell'acido N-metil-D-aspartico (Nmda): il magnesio, come antagonista naturale del calcio, ne impedisce l'ingresso nella cellula, inibendo così l'attivazione della successiva cascata enzimatica e i suoi effetti sui neuroni e sui muscoli vascolari cerebrali.
Nel 2017 uno studio con 500 mg di ossido di magnesio per 8 settimane, ha portato a un miglioramento dei livelli sierici di magnesio, ma anche del quadro di depressione in pazienti depressi e con diagnosi di ipomagnesiemia. Tra i limiti dello studio, la mancata misurazione di alcuni nutrienti fondamentali nel metabolismo del magnesio come vitamina D e calcio.
Gli studi hanno anche dimostrato che i recettori Nmda svolgono un ruolo importante nell'insorgenza e nella progressione della Cortical spreading depression, un'ondata di depolarizzazione prolungata che si muove attraverso il tessuto cerebrale intatto e che si associa a ischemia cerebrale, aura emicranica e convulsioni. Il deficit di magnesio può portare a questa condizione attraverso l'alterazione della fosforilazione ossidativa e la polarizzazione neuronale nei mitocondri. Contrastando il vasospasmo, inibendo l'accumulo di piastrine, stabilizzando le membrane cellulari e diminuendo la formazione di mediatori dell'infiammazione, il magnesio può quindi indirizzare positivamente diversi aspetti dell'infiammazione neurogena.
L'American academy of neurology ha definito l'efficacia dell'uso di magnesio per via orale nella prevenzione dell'emicrania con evidenza di livello B, con un dosaggio di 400 mg/die che può essere aumentata fino a 1.200 mg, se tollerata.
Diversi lavori clinici hanno dimostrato che i pazienti con lesioni cerebrali che hanno livelli sierici di magnesio relativamente alti tendono ad avere una prognosi migliore e che i pazienti con ischemia cerebrale acuta con un alto contenuto di magnesio hanno meno danni ai nervi rispetto a quelli con livello di magnesio basso.
Sulla base delle attuali ricerche di base e cliniche, ci sono diversi meccanismi con cui il magnesio agisce e, tra questi, spiccano sia capacità di migliorare la perfusione sanguigna cerebrale sia l’effetto sul metabolismo energetico. In particolare, il magnesio inibisce diversi mediatori che producono vasocostrizione e, allo stesso tempo, antagonizza i canali del calcio, rilassando i vasi sanguigni cerebrali e migliorando la perfusione ematica post-ischemica. Il magnesio stabilizza inoltre la funzione dei mitocondri e regola gli enzimi chiave del metabolismo energetico, compreso quello cerebrale.
Anche studi clinici su neonati prematuri e su pazienti sottoposti a bypass cardiaco e endoarteriectomia carotidea hanno dimostrato l'effetto neuroprotettivo di questo micronutriente, così come l'applicazione clinica endovena del solfato di magnesio nel trattamento dell'infarto miocardico acuto e della preeclampsia è oggi ben studiata.
La carenza di magnesio si sviluppa frequentemente in pazienti con scompenso cardiaco e può aumentare i casi di aritmie letali e morti improvvise, e uno studio randomizzato, in doppio cieco, che risale agli anni Novanta ha valutato gli effetti della supplementazione orale di magnesio (15,8 mmol/die) in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia stabile secondaria a malattia coronarica. Tutti avevano una normale funzione renale e concentrazioni sieriche di magnesio basse o normali. L'integrazione ha ridotto la frequenza delle aritmie ventricolari asintomatiche, probabilmente a causa di cambiamenti secondari nell'omeostasi del potassio, e ha prodotto un grado minore di vasodilatazione.
Silvia Ambrogio
Bibliografia
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