Coldiretti: sos fertilità dopo l’alluvione in Romagna. Molti mercati a rischio 

19 Giugno 2023

Nei terreni alluvionati dell’Emilia Romagna, l’acqua ha lasciato il posto a un pesante strato di limo e sabbia che crea una crosta impermeabile che impedisce gli scambi gassosi e porta a una pericolosissima degradazione del suolo che può innescare processi di desertificazione rendendo il terreno inadatto alla coltivazione.

È l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione della Giornata mondiale della desertificazione del 17 giugno scorso, sottolineando che l’alluvione ha fatto strage di insetti, funghi, batteri e lombrichi con il rischio di perdita della fertilità nei terreni della Romagna dove si stimano danni per 1,1 miliardi tra danni alla produzione, ripristini fondiari, terreni persi e animali coinvolti.

Il permanere per così lungo tempo dell’acqua nel terreno ha creato condizioni molto critiche per la vita nei circa trecentomila ettari di terreni alluvionati dove insetti, funghi, batteri e lombrichi svolgono una attività essenziale per l’umificazione e quindi per la fertilità necessaria alle coltivazioni. Con la morte dei lombrichi, viene meno il lavoro instancabile da loro svolto nel suolo dove scavano gallerie, incorporano il materiale vegetale morto nel terreno, producono il pregiato humus.

Se sottoterra la situazione è difficile, nei cieli è venuto a mancare il prezioso lavoro di impollinazione delle api, con la perdita di un numero elevato di famiglie che erano presenti nei 45mila alveari censiti in Romagna. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra cui le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri e i meloni.

Il disastro dell’alluvione ha colpito anche gli ecosistemi delle aree interne della Romagna con le frane che hanno devastato ulivi, un vero e proprio patrimonio di biodiversità nazionale. Colpiti gli uliveti dell’olio di Brisighella, primo extravergine italiano ad ottenere nel 1975 il marchio Dop e una delle più piccole produzioni riconosciute. Nelle aree collinari sono stati devastati anche i boschi di castagno, con terreni franati che hanno fatto perdere un prezioso rifugio e cibo ad animali, uccelli e insetti.

Colpita anche l’azione di recupero della biodiversità delle razze in via di estinzione come il bovino romagnolo e il suino di Mora Romagnola, che sono parte fondamentale del paesaggio e dell’equilibrio ecoambientale dei territori investiti da frane e alluvione.

Ma l’esondazione ha sommerso soprattutto i frutteti “soffocando” le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare quasi 15 milioni di piante tra pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki e ciliegi. E, tra queste, le pesche e le nettarine di Romagna Igp, le cui origini risalgono al XIX secolo, ma anche le albicocche Reale e Val Santerno di Imola, due varietà autoctone di grande qualità che già dal 1900 rappresentano una delle principali fonti di reddito per le aziende agricole del territorio e hanno senz’altro contribuito ad arginare l’esodo rurale.

Minacciata – conclude la Coldiretti – anche la Ciliegia di Cesena, una varietà anch’essa dalle origini antiche e molto amata per il gusto e la consistenza della polpa, così come la fragola di Romagna, i cui campi sono da decenni parte integrante del paesaggio rurale dell’entroterra ed ora sotto finiti sott’acqua. (n.m.)

 

 

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