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Obesità anticamera dello scompenso: l’allarme dei cardiologi

29 Gennaio 2024

Sono almeno 400 mila gli italiani con obesità e scompenso cardiaco, due patologie legate a doppio filo ed entrambe in continua crescita nel nostro Paese, dove gli obesi sono circa sei milioni e i pazienti con insufficienza cardiaca oltre un milione. A puntare i fari contro l’epidemia dilagante di obesità nel nostro paese e i rischi per il cuore, i cardiologi riuniti a Roma lo scorso dicembre per l’84° Congresso nazionale della Società italiana di cardiologia (Sic).

I chili di troppo, sottolineano gli esperti, sono spesso il primo passo sulla strada che porta allo scompenso e si stima che fino all’80% dei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione preservata, pari alla metà dei casi, sia anche obeso. La combinazione è molto pericolosa, perché può aumentare fino all’85% il rischio di eventi cardiovascolari fatali, rubando almeno sei anni di aspettativa di vita.

L’aspettativa di vita e quella di salute dei pazienti obesi sono più basse rispetto a chi è normopeso. Il paradosso è nato perché l’indice di massa corporea non è l’indicatore più adeguato della reale obesità che si misura meglio con un metro: il girovita deve essere meno di 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini, ma soprattutto deve misurare meno di metà dell’altezza, per la salute del cuore e non solo.

“Scompenso cardiaco e obesità sono due epidemie in rapidissima crescita”, osserva Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli. “L’insufficienza cardiaca oggi colpisce oltre un milione di italiani e si stima un incremento del 30% dei casi entro il 2030. L’aumento dei casi è trainato in parte dall’incremento dell’aspettativa di vita, perché la prevalenza della patologia raddoppia a ogni decade di età e dopo gli 80 anni lo scompenso colpisce il 20% della popolazione. Tuttavia, l’insufficienza cardiaca ha anche l’obesità fra le sue cause principali perché i chili in eccesso comportano, fra le altre cose, un incremento dell’infiammazione generale, un maggiore stress su metabolismo e sistema cardiovascolare e un aumento del grasso viscerale anche a livello cardiaco”.

Aggiunge Ciro Indolfi, past-president Sic e ordinario di cardiologia all’Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro: “È proprio il grasso viscerale e addominale il più pericoloso e quello che dovrebbe essere realmente misurato: la semplice valutazione dell’indice di massa corporea e quindi del rapporto fra peso e altezza non basta. È necessario valutare la distribuzione del grasso e non soltanto l’indice di massa corporea, così ogni possibile vantaggio di sopravvivenza per gli obesi sparisce. L’obesità infatti fa male al cuore: la probabilità di avere un infarto, un ictus o un evento cardiovascolare fatale aumenta dal 67 all’85% rispetto a chi è normopeso, tanto che i chili in eccesso rubano fino a sei anni di vita”.

Nicola Miglino

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