La dislipidemia aterogena è una frequente condizione dismetabolica caratterizzata da aumentato rischio cardiovascolare, definita dalla associazione di ridotta colesterolemia Hdl (Hdl-C<40 mg/dL nell’uomo e <50 mg/dL nella donna), aumentata trigliceridemia (Tg>150 mg/dL) e colesterolemia Ldl (Ldl-C) normale o aumentata, ma con capacità aterogena maggiore a causa della ossidazione delle Ldl e delle loro caratteristiche strutturali (sono “piccole e dense”). La dislipidemia aterogena fa parte dei criteri diagnostici della sindrome metabolica ed è spesso presente in persone con obesità e prediabete o diabete mellito tipo 2 (Dmt2).
Il prediabete è definito da livelli di glicemia a digiuno compresi tra 100 e 125 mg/dl o da valori glicemici compresi tra 140 e 199 mg/dl dopo due ore dal carico orale con 75 gr di glucosio. Ancora, esso è caratterizzato da valori di Emoglobina Glicosilata (HbA1c) compresi tra 5,7% e 6,4 %1. Corrisponde a una fase critica, che richiede interventi tempestivi al fine di prevenire la progressione verso il Diabete mellito tipo 2 (Dm2)2. Negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse per il ruolo della nutraceutica nel trattamento del prediabete, considerando che numerosi studi hanno dimostrato come l'assunzione di alcuni nutraceutici migliori i valori di glicemia a digiuno e/o di HbA1c, riducendo il rischio di sviluppare Dm2.3-4
Il ricorso a un approccio nutraceutico nella gestione delle dislipidemie va affermandosi sempre più nella pratica clinica quotidiana. Il successo del risultato, però, non dipende solo dal principio attivo e dal dosaggio, ma anche dalla corretta formulazione del prodotto. Ecco allora che un gruppo di esperti della Società italiana formulatori in nutraceutica (Sifnut) ha preso in esame, su Nutrients, i dati oggi disponibili su alcuni dei nutraceutici più ampiamente diffusi in prevenzione cardiovascolare, evidenziandone la biodisponibilità e le strategie formulative più adatte. Ne parliamo con Alessandro Colletti, dipartimento di Scienza e Tecnologia del farmaco, Università degli Studi di Torino.
Per le donne in età riproduttiva, la sindrome dell'ovaio policistico (Pcos) è una condizione endocrina eterogenea che porta a disfunzione metabolica piuttosto frequente: problemi mestruali, iperandrogenismo, infertilità, ma anche sindrome metabolica e insulino-resistenza.