I disturbi del sonno rappresentano uno dei principali sintomi della menopausa e sono causati da diversi fattori, tra cui i cambiamenti ormonali e i conseguenti effetti vasomotori e disturbi come depressione e ansia. Mancano, però, linee guida per trattare questi sintomi durante la transizione menopausale.
Gli italiani si fidano sempre di più degli integratori alimentari come supporto in caso di disturbi legati al sonno. Stando a una elaborazione di Integratori & Salute su dati New Line riferiti al canale farmacia, negli ultimi 10 anni, in Italia, le vendite in volume di integratori alimentari legati proprio al benessere mentale e ai problemi legati al sonno sono aumentate del 155%.
Nuove conferme sull’utilità di alte dosi di melatonina nel migliorare la qualità del sonno giungono da un piccolo studio pubblicato di recente su The journal of pineal research.
Si chiama “psichiatria nutrizionale" ed è il nuovo fronte di ricerca degli scienziati impegnati a comprendere i segreti nascosti dell’asse intestino-cervello. Obiettivo: comprendere se la dieta possa rappresentare uno strumento di salvaguardia della salute mentale attraverso la mediazione del microbiota intestinale. Tema al centro di un numero speciale di Nutrients di cui abbiamo parlato con il curatore, Giuseppe Grosso, ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche dell’Università degli studi di Catania.
Dr. Grosso, qual è il razionale alla base di un potenziale effetto della dieta sulla salute mentale?
Per molti anni, al netto delle carenze nutrizionali, il rapporto tra cibo e salute è stato limitato all’impatto energetico degli alimenti, il conseguente rischio di obesità, e il ruolo che quest’ultima aveva sulla salute umana. Oggi sappiamo che macro e micronutrienti, nonché diversi composti fitochimici giocano un ruolo diretto sulla nostra salute che va ben oltre l’introito calorico. Meccanismi antinfiammatori e antiossidanti sono al centro del loro effetto, ma entrano in gioco anche azioni epigenetiche e di regolazione genica. Soltanto negli ultimi anni si è visto che un ruolo fondamentale sembra essere giocato dal microbiota intestinale, il quale è regolato da ciò che mangiamo e può determinare uno stato di infiammazione prima locale e poi sistemico. Da qui, il nostro sistema immunitario non distingue più tra compartimenti e può portare alla diffusione di marcatori di infiammazione anche a livello del sistema nervoso centrale, cui consegue la salute mentale. Di contro, alcuni composti antinfiammatori come, per esempio, i polifenoli, possono passare la barriera ematoencefalica e avere un’azione diretta sul cervello, riducendone lo stress ossidativo e mantenendone la salute.
Che ruolo può giocare in tutto questo il microbiota intestinale?
Il microbiota intestinale è composto da diverse famiglie di batteri, alcuni innocui o persino benefici per il nostro organismo, altri più pericolosi, perché possono alterare l’integrità della barriera tra il contenuto del nostro intestino e il sangue, rischiando di farne passare il contenuto e innescando un meccanismo di infiammazione. Normalmente, questi batteri stanno in equilibrio tra loro, ma una dieta squilibrata povera di fibre può portare a un incremento dei secondi con tutto quello che ne consegue.
Nel numero speciale di Nutrients da voi coordinato, sono raccolti dati su studi relativi a stato cognitivo, depressione e disturbi del sonno. Cosa è emerso?
Dai risultati degli studi condotti sulla nostra coorte italiana è emerso che chi segue un regime alimentare in linea con i principi dieta mediterranea gode di una migliore qualità del sonno ed è meno probabile che abbia uno stato cognitivo compromesso e sintomi depressivi. Quando si considerano i componenti bioattivi della dieta mediterranea, è stata trovato osservato che individui con un maggiore apporto alimentare di lignani, le cui fonti principali sono agrumi, aglio e olio d’oliva, e acidi idrossicinammici, di cui sono ricchi caffè, carciofi e ciliegie, posseggono una migliore qualità del sonno. Allo stesso modo, coloro che hanno maggior consumo di flavonoidi risultano meno a rischio di compromissione dello stato cognitivo. Inoltre, anche sui sintomi depressivi è stato trovato un potenziale ruolo protettivo di acidi fenolici, flavanoni e antocianine. Infine, abbiamo recentemente pubblicato un altro studio a completamento di questi, in cui, pur investigando altri composti quali gli acidi fenolici, è emerso che il consumo di acidi idrossicinammici si associa a una minore probabilità di stato cognitivo compromesso.
In quale direzione deve puntare la ricerca per chiarire meglio il rapporto tra dieta e cervello?
Bisognerà fare ulteriori studi per confermare questi risultati, cercando di capire se le associazioni ottenute sono casuali o, meglio, motivate da fattori ignoti non presi in esame, oppure se questo modello dietetico e questi alimenti evidenziati possano essere ragione per una migliore salute mentale.
Nicola Miglino