Il controllo dell’ipertensione passa da digiuno e microbiota intestinale

06 Maggio 2021

Una disbiosi intestinale può innescare alterazioni dei valori pressori, mentre programmi di digiuno potrebbero rappresentare un intervento correttivo e benefico. Queste le conclusioni di una ricerca, per ora condotta su modelli sperimentali, che getta nuove luci sui meccanismi eziopatogenetici dell’ipertensione, aprendo le porte a opzioni di intervento mirate sul microbiota intestinale.

Lo studio, pubblicato su Circulation research, è stato condotto da ricercatori del Baylor college of medicine di Houston che da tempo hanno focalizzato la loro attenzione sui rapporti microbiota/pressione arteriosa.

"Già altre ricerche condotte dal nostro laboratorio hanno messo in evidenza come la composizione del microbiota intestinale in modelli animali di ipertensione, sia diversa quella dei normotesi”, sottolinea David J.Durgan, docente di Anestesiologia al Baylor college.

Gli stesi ricercatori avevano anche già dimostrato come il trapianto di microbiota intestinale disbiotico da un animale iperteso a uno normoteso determini, nel ricevente, lo sviluppo di ipertensione.

"Un risultato – dice Durgan – che sottolinea come la disbiosi intestinale non sia soltanto una conseguenza dell'ipertensione, ma è coinvolta nei meccanismi che la generano. Da qui il nuovo studio volto a rispondere a due quesiti: è possibile, innanzitutto, manipolare il microbiota per prevenire o alleviare l'ipertensione? E, secondo: in che modo la popolazione microbica intestinale influenza la pressione sanguigna nell'animale?”.

Per rispondere alla prima domanda, Durgan e colleghi hanno preso in esame una serie di ricerche precedenti che dimostravano un ruolo chiave del digiuno sulla composizione del microbiota intestinale, nonché un suo effetto benefico sulla salute cardiovascolare. Studi, però, che non avevano fornito prove di una correlazione tra microbiota e pressione sanguigna.

Hanno lavorato su modelli animali di ipertensione, cosiddetti Shrsp (Spontaneously hypertensive stroke-prone rat), creando due gruppi di osservazione: uno con Shrsp e ratti normali nutriti a giorni alterni, l'altro, di controllo, con Shrsp e ratti normali a disponibilità di cibo illimitata.

Nove settimane dopo l'inizio dell'esperimento, i ricercatori hanno osservato che, come previsto, i ratti Shrsp nel gruppo di controllo avevano una pressione sanguigna più alta rispetto a quelli normali. Interessante è che, nel gruppo con digiuno intermittente, gli Shrsp presentavano valori pressori significativamente ridotti rispetto agli Shrsp che non avevano digiunato.

Successivamente, i ricercatori hanno trapiantato il microbiota dei ratti Shrsp che avevano digiunato o nutrito senza restrizioni in ratti germ-free, scoprendo che quanti tra questi avevano ricevuto il microbiota di ratti Shrsp alimentati normalmente avevano una pressione sanguigna più alta, a conferma che le alterazioni del microbiota indotte dalla restrizione calorica erano sufficienti a mediare l'effetto di abbassamento della pressione sanguigna del digiuno intermittente.

A questo punto, attraverso sottili analisi di genetica, metabolomica e marker plasmatici, lo studio si è concentrato sui meccanismi attraverso i quali il microbiota intestinale regola la pressione sanguigna, individuando nel metabolismo degli acidi biliari uno dei principali responsabili.

Infatti, i ratti Shrsp senza restrizione calorica avevano quantità di acidi biliari circolanti inferiori rispetto ai normotesi, così come gli Shrsp con digiuno intermittente ne avevano di più.

A supporto, i ricercatori hanno verificato come l'integrazione con acido colico, un acido biliare primario, sia in grado di ridurre significativamente la pressione sanguigna nei ratti Shrsp.

“Il nostro studio mostra per la prima volta in un modello animale che il digiuno intermittente può essere utile nel controllo pressorio grazie a un’azione sul microbiota intestinale, fornendo anche la prova di come una disbiosi possa contribuire all'insorgere di ipertensione agendo sul metabolismo degli acidi biliari”, conclude Durgan. “Si tratta di dati importanti per capire come il digiuno interagisca con il microbiota. Molti batteri intestinali, infatti, sono coinvolti nella produzione di composti che favoriscono l’omeostasi dell’organismo. Pertanto, programmi di restrizione calorica potrebbero aiutare a regolare l'attività delle popolazioni microbiche intestinali, garantendo benefici per la salute ".


Nicola Miglino

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