Malattie immunomediate: il ruolo giocato dalla vitamina D

23 Febbraio 2022

Pubblicata di recente su Nutrients, da parte di un gruppo interdisciplinare di clinici italiani, una review mirata a raccogliere le principali evidenze sugli effetti immunomodulanti della vitamina D e le possibili implicazioni su comparsa ed evoluzione di malattie immunomediate.

Oltre a svolgere un ruolo essenziale nel mantenimento della salute delle ossa, la vitamina D, infatti, è nota per le sue interazioni con il sistema immunitario, tanto che suoi recettori piuttosto che enzimi coinvolti nel suo metabolismo, come l'1-α-idrossilasi, sono espressi anche da macrofagi, cellule T, cellule dendritiche, monociti e cellule B.

La review segnala un inequivocabile ruolo giocato dalla vitamina D nell’artrite reumatoide, nella sclerosi sistemica e nel lupus. Meno chiaro, per mancanza di dati, l’effetto nell’artrite psoriasica e nella spondilite anchilosante. In generale, affermano gli Autori, i livelli sierici di 25(OH)D sembrano influenzare l'attività e la gravità di malattie reumatiche a base autoimmune, con potenziali effetti anche su determinati esiti clinici, mentre rimane da esplorare il ruolo nella patogenesi della malattia.

Per quanto riguarda il diabete, sebbene vi siano evidenze di un’azione della vitamina D sulla regolazione delle cellule beta del pancreas, solo pochi e non conclusivi studi clinici hanno esplorato un possibile effetto sulla prevenzione sia del tipo 1 che del tipo 2. Ciò non toglie che i pazienti diabetici risultino spesso carenti di vitamina D ed è bene raccomandare sempre un'adeguata integrazione per preservare la salute delle ossa, decisamente più fragile in questa fascia della popolazione.

Per quanto riguarda Covid-19, in questi due anni molti studi hanno evidenziato una correlazione tra gravità della prognosi e ipovitaminosi D, così come l’efficacia di una supplementazione nella prevenzione di casi e decessi. Sulla base delle prove accumulate finora, sottolineano gli Autori, sono stati avviati diversi studi per confermare l'importanza dell'uso della vitamina D nei pazienti in quest’ambito. Al momento, almeno tre grandi trial randomizzati sono in fase avanzata, con due di questi che stanno producendo evidenze molto solide. È quindi possibile che in tempi ragionevolmente brevi si possa arrivare a una conferma del ruolo della vitamina D, e del colecalciferolo in particolare, come possibile supporto nella lotta a Sars-Cov-2.

Queste le conclusioni degli Autori: “In molte delle malattie prese in esame si osserva una riduzione generalizzata dei livelli circolanti di 25(OH)D. Il significato clinico e le ragioni alla base di questa evidenza non sono del tutto chiari, ma potrebbero essere correlati a minore disponibilità della proteina legante la vitamina D o a un possibile aumento dell'idrossilazione 1-α del 25(OH)D. Gli effetti positivi osservati con la supplementazione sembrano sicuramente più evidenti in caso di carenza, ma in molti studi a disposizione vi sono troppi fattori confondenti, quali età, durata dello studio, comorbidità, per citarne alcuni, che posso alterare i risultati. È anche arduo, tra l’altro, riconoscere il rapporto causa-effetto, ovvero se è la malattia a determinare il deficit o viceversa. Certo è che rimane affascinante il tema della regolazione immunitaria da parte della vitamina D, che presenta molti dati sperimentali da confermare in clinica. Siamo impazienti, perciò, di attendere i risultati dei diversi trial clinici in corso”.

Nicola Miglino

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