Disturbi dell’alimentazione: in lockdown pericolo ricadute e aggravamento quadro clinico

19 Maggio 2020

Ancora numeri ufficiali non sono disponibili, ma da più parti giungono segnali d’allarme sul rischio che quasi tre mesi di isolamento dovuti alla pandemia in corso possano aver aggravato quadri clinici legati a disturbi dell’alimentazione se non, addirittura, averli generati.

A parlarcene, Riccardo dalle Grave, direttore Unità di Riabilitazione nutrizionale Casa di Cura Villa Garda (Vr) che ha da poco pubblicato su Psycology Today un contributo sull’argomento

“Sono tre i principali motivi di preoccupazione”, sottolinea dalle Grave. “Innanzitutto, il rischio di ricaduta o peggioramento della patologia e la possibile comparsa di un disturbo dell’alimentazione ex novo. Infine, l’inadeguatezza dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell’emergenza”.

Secondo Dalle Grave “La paura di un contagio si associa spesso alla sensazione di non avere il controllo della situazione che, per le persone con un disturbo dell’alimentazione, conduce a un ulteriore aumento delle restrizioni alimentari o di altri comportamenti estremi di controllo del peso piuttosto che, all’opposto a un aumento degli episodi di abbuffata. L’isolamento prolungato, poi, ha limitato la possibilità di praticare attività fisica e aumentato il timore di prendere peso, portando a ulteriori restrizioni dietetiche, senza contare il fatto che le abbondanti scorte alimentari presenti in casa rappresentano uno stimolo pericoloso in questi soggetti. La forzata e prolungata convivenza può generare o accentuare le difficoltà interpersonali, così come l’isolamento sociale può accentuare la severità di comorbilità psichiatriche. Infine, la malnutrizione potrebbe esporre a maggior rischio di infezione, più complicanze e prognosi peggiore”.

Paradossalmente, dunque, i pazienti avrebbero maggior bisogno di assistenza, pregiudicata proprio dal contesto attuale. “Nel corso della pandemia alcuni gruppi e servizi hanno attivato trattamenti online,” dice Dalle Grave. “Tuttavia, vi sono pazienti non adatti a questo tipo di approccio che hanno dovuto scontare la sospensione di molte attività, soprattutto i trattamenti intensivi e la presa in carico in strutture residenziali mediche e psichiatriche, con ricoveri rinviati a data da definire e un elevato rischio per noi professionisti di perdere il contatto con il paziente”.

Man mano che la situazione tornerà alla normalità, dunque, è probabile che gli operatori sanitari si troveranno ad assistere pazienti con disturbi aggravati o trascurati durante l’emergenza.

Per questo l’Istituto superiore di sanità (Iss), in collaborazione con ministero della Salute, esperti Regionali del settore, società scientifiche e associazioni di settore, ha avviato il progetto Manual al fine di consentire la mappatura territoriale dei centri, pubblici e convenzionati, dedicati alla cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

“Dobbiamo garantire i migliori livelli di accesso e appropriatezza dell'intervento”, si legge sul sito Iss, che conclude: “Si rende per questo necessaria la progettazione di un nuovo modo di erogare trattamenti e di integrare strategie e procedure standard per affrontare sia il disturbo dell’alimentazione sia le paure legate all'infezione e all'isolamento sociale. Inoltre, è fondamentale mettere a punto e implementare un protocollo specifico per affrontare la gestione di un paziente con disturbi dell’alimentazione risultato positivo al Coronavirus”.

Nicola Miglino

 

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