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Rischi per l’infanzia dagli alimenti ultraprocessati

12 Dicembre 2022

Preservare la salute infantile, per garantire benefici in età adulta, è da sempre una delle sfide mondiali di salute pubblica e in questo contesto giocano un ruolo di primo piano gli alimenti e le bevande ultralavorati. Secondo la classificazione Nova, proposta nel 2010, questi sono realizzati a partire da alimenti naturali trasformati attraverso processi fisici, biologici e chimici, con tipica aggiunta di ingredienti e additivi, prima di essere consumati o preparati come pasti. 

Sono: bibite analcoliche, snack confezionati dolci o salati, pane e focacce confezionati di serie, carni lavorate e pietanze surgelate pre-preparate. Prodotti, peraltro, realizzati con ingredienti a basso costo per essere altamente redditizi, attraenti e convenienti (lunga shelf life e pronti da mangiare). 

La letteratura suggerisce che tali alimenti, con la loro scarsa qualità nutrizionale e l'elevata densità energetica, sono in grado di alterare i meccanismi di fame e sazietà favorendo un consumo eccessivo di energia e quindi eccesso di peso. Diverse coorti prospettiche e studi clinici nella popolazione adulta hanno già ben collegato l'elevato consumo di questo gruppo di alimenti con l’obesità, l’aumento di peso e un maggiore accumulo di grasso viscerale. Per quanto riguarda l'infanzia e l'adolescenza, il consumo di alimenti ultraprocessati è un fenomeno più recente, ma in rapida crescita, e, anche se nei paesi mediterranei il fenomeno è più ridotto, cresce costantemente al punto che si stanno moltiplicando gli studi che valutano l'associazione tra il loro consumo, l'obesità e il tessuto adiposo in questa fascia della popolazione.

Al momento, gli studi disponibili riportano dati contrastanti sull'associazione tra consumo di alimenti ultralavorati e parametri di obesità e adiposità tra bambini e adolescenti, probabilmente a causa di limitazioni metodologiche. Inoltre, alcune mancate associazioni possono essere spiegate con l’osservazione oggettiva che l'infanzia e l'adolescenza sono fasi della vita che comportano un aumento dei tessuti corporei, ovvero maggior dispendio energetico e un aumento dell'attività metabolica. Tale aspetto può, in una certa misura, ritardare o compensare l'effetto di questa categoria alimentare sul peso e sulla distribuzione del grasso.

Gli studi longitudinali con un lungo follow-up forniscono invece un certo livello di coerenza nel supportare la relazione tra un consumo elevato di alimenti ultralavorati e una maggiore adiposità di tutto il corpo e dell'addome. Gli alimenti trasformati sono le principali fonti di additivi negli alimenti e i dati esistenti suggeriscono che gli additivi hanno un potenziale tossico maggiore nei bambini, considerando che il peso corporeo in questa fascia di età è inferiore rispetto agli adulti.

La dose giornaliera accettabile (Dga), ovvero la quantità stimata in cui una sostanza può essere consumata quotidianamente, per tutta la vita, senza presentare rischi per la salute, è infatti stabilita per chilogrammo di peso. Inoltre, poiché hanno potenzialmente più anni di vita futura rispetto agli adulti, i bambini hanno più tempo per sviluppare malattie croniche innescate dall'esposizione precoce a sostanze ambientali.

A oggi esistono 22 studi, condotti in 21 paesi, che hanno analizzato il consumo di sei classi funzionali di additivi da parte dei bambini: coloranti, conservanti, dolcificanti, antiossidanti, emulsionanti e stabilizzanti. È interessante notare che i colori, in particolare il giallo tramonto e la tartrazina, sono i più studiati. In sedici di questi studi, almeno un additivo aveva però un consumo stimato superiore ai limiti di sicurezza, delle seguenti classi funzionali: coloranti, conservanti, antiossidanti, emulsionanti ed edulcoranti.

In una revisione da poco pubblicata si osserva che il consumo di additivi da parte dei bambini può superare i valori Dga, in particolare per i coloranti e i conservanti. Il documento Standard generale sugli additivi alimentari della Fao e dell'Oms, la principale raccomandazione in materia a livello mondiale, non fornisce il valore per chilogrammo di peso da considerare come base per il calcolo del limite massimo e quindi non è attualmente chiaro se le quantità ritenute sicure per l'aggiunta di additivi negli alimenti tengano conto del peso del bambino e se siano davvero sicure da consumare per i bambini.

Silvia Ambrogio

Bibliografia

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