Professor Spera, innanzitutto ci spiega cosa lega il diabete a Covid-19?
Partiamo dal presupposto che negli ultimi 50 anni i nostri consumi alimentari sono mutati. Si consumano sempre di più grassi e zuccheri che, assieme alla sedentarietà, inducono conseguenze negative sulla salute. Mi riferisco all’obesità, all’ipertensione arteriosa, alle malattie cardiovascolari conseguenti e, naturalmente, al diabete. In queste condizioni poi, tutte causate da un prolungato stile di vita poco corretto, si accumula con l’età un eccesso di grasso specie a livello viscerale. In questa emergenza sanitaria si è visto che, per tutti i malati di Covid finiti in terapia intensiva, il grasso viscerale costituisce un fattore di rischio, più determinante anche dell’età avanzata e delle preesistenti patologie respiratorie. Si rafforza il concetto che la nostra salute dipende in gran parte dalle abitudini alimentari e che gli alimenti, il cibo, possono rappresentare vere e proprie medicine, armi potenti per gestire meglio e a volte proprio per trattare molte malattie, persino gravi come i tumori.
Cosa accade in particolare nei pazienti diabetici rispetto all’infezione da Covid 19?
I diabetici non hanno chiaramente maggiori possibilità di infettarsi col virus, ma la sola presenza di un quadro glicemico più o meno compensato li espone a maggiori rischi. Come l’ipertensione arteriosa e l’obesità, anche il diabete ha un background fisiopatologico costituito da sindrome metabolica, grasso viscerale in eccesso, stato infiammatorio cronico, che di per sé aumenta il rischio di complicanze da Ccovid-19 e di mortalità. In mancanza di efficaci mezzi terapeutici, la prevenzione, la predittività e la programmazione delle cure è fondamentale, ma le autorità sanitarie e politiche, ovunque, sembrano sottovalutare le indicazioni che in tal senso emergono rispetto all’importanza della preesistenza e persistenza di tutte queste patologie legate all’alimentazione e allo stato nutrizionale, come appunto, il diabete.
L’alimentazione gioca dunque un ruolo strategico in questa emergenza pandemica?
Sì, esiste una relazione anche tra alimentazione e risposta all’aggressione da parte del virus. Per esempio, si è scoperto, tra l’altro, che la carenza di vitamina D espone a un maggior rischio di contrarre la malattia. Una ottimale salute del microbiota intestinale, poi, il cui equilibrio consente un corretto stato dell’organismo e del sistema immunitario, è una tutela. Anche una situazione di sovrappeso, quando determina uno stato di infiammazione cronica, espone a maggiori rischi, facilitando lo scatenarsi della temuta tempesta citochinica, presupposto per l’aggravamento della malattia da Covid-19.
Dal punto di vista dietetico-alimentare, quali suggerimenti si possono dare per contrastare diabete di tipo 2 e obesità?
L’approccio nutrizionale è la prima e più salutare scelta, lo strumento potenzialmente più efficace per affrontare patologie determinanti quali diabete e obesità. Tra le diverse strategie nutrizionali la dieta chetogenica, col suo decisivo dirottamento metabolico dall’asse glicidi/insulina verso l’utilizzazione dei chetoni prodotti dal consumo energetico dei grassi, può addirittura funzionare anche come un potente antinfiammatorio. Ma in un mondo, quello delle diete autogestite, pieno di imbonitori maliziosamente fuorvianti, se non pericolosi, bisogna avere la forza e l’umiltà di evitare il fai da te e indirizzarsi ai veri esperti, anche e specialmente per una tipologia di diete come quelle cosiddette chetogeniche. Farsi guidare dalla scienza, insomma, perché le verità, per quanto riguarda la salute, sono scritte nelle pubblicazioni scientifiche verificabili, non nei libri di successo dal contenuto tanto suggestivo quanto incontrollabile, come spesso è anche quello dei meandri del web”.
Nicola Miglino