Dr. D’Elia, da quali premesse nasce l’idea del vostro studio?
Come gruppo di ricerca, negli anni abbiamo studiato gli effetti di differenti componenti della dieta, e in particolare gli apporti di sodio e di potassio, sullo sviluppo di patologie cardiometaboliche. In questa occasione, l’attuale alta prevalenza di diabete mellito tipo 2, il previsto incremento della sua futura incidenza e la sua stretta correlazione con le abitudini alimentari hanno attratto la nostra attenzione. Se da una parte le linee guida nutrizionali attualmente disponibili per la prevenzione del diabete mellito tipo 2 raccomandano di preferire gli alimenti di origine vegetale, tra cui frutta, verdure e cereali, dall’altra non vi sono raccomandazioni specifiche sul consumo di potassio con la dieta per prevenire lo sviluppo di diabete mellito tipo 2 a causa di evidenze inconsistenti. Diversi studi sperimentali però hanno suggerito un impatto favorevole di un maggior apporto di potassio sulla secrezione e la sensibilità insulinica. Viceversa, i dati osservazionali erano discrepanti e non chiaramente allineati con quelli sperimentali. Per meglio approfondire questa eterogeneità di risultati, abbiamo eseguito una metanalisi degli studi che finora hanno valutato la relazione tra l’apporto alimentare di potassio e il rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2.
Che tipo di ricerca avete condotto?
Per esplorare al meglio l’associazione, abbiamo effettuato una metanalisi dose-risposta degli studi prospettici su popolazioni adulte, che avevano stimato al basale il consumo di potassio con la dieta e prospetticamente valutato l’incidenza di nuovi casi di diabete mellito tipo 2. Questa tipologia di analisi ci ha permesso di valutare il tipo e l’entità della relazione tra i diversi apporti di potassio con la dieta e il rischio di sviluppare diabete nel corso degli anni di osservazione.
Quali evidenze sono emerse dall’analisi dei dati?
I risultati della metanalisi hanno evidenziato una relazione a “J” tra apporto quotidiano di potassio con la dieta ed il rischio di sviluppare diabete mellito tipo 2. In particolare, il rischio si riduceva significativamente a partire da un apporto con la dieta di 1.000 mg al giorno rispetto ad apporti più bassi, con una maggiore riduzione del rischio, pari al 20%, per un apporto alimentare di circa 3.500 mg al giorno, rispetto a consumi inferiori a 1.000 mg/die.
Quando si analizzava il rischio in base alle due diverse metodiche di misurazione dell’apporto di potassio con la dieta, ovvero escrezione urinaria di potassio delle 24 ore o questionari alimentari, si riscontrava un diverso tipo di curva, soprattutto per gli alti consumi, probabilmente per mis-classificazione da parte dei questionari alimentari. Ciononostante, in entrambi i casi, i dati concordavano con un beneficio significativo per consumi di potassio di circa 2.900 mg/die, se valutati con i questionari alimentari, e di circa 3.400 mg/die, se utilizzata l’escrezione urinaria rispetto a un apporto inferiore a 1.000 mg/die.
Quali conclusioni se ne possono trarre?
Il messaggio principale della metanalisi è che sembra effettivamente esserci una relazione inversa tra apporto quotidiano di potassio con la dieta e rischio di sviluppare diabete mellito tipo 2. La relazione è di tipo non lineare, con un beneficio maggiore per consumi compresi tra 3.000 e 5.000 mg/die rispetto a consumi al di sotto dei 1000 mg/die.
Questi dati, anche in considerazione del basso contenuto di potassio della dieta media degli Italiani, a sua volta secondario al basso consumo di frutta, verdura e legumi, gli alimenti che ne sono più ricchi, supportano le raccomandazioni internazionali sull’incremento dell’apporto giornaliero di potassio con la dieta attraverso il consumo regolare di frutta fresca, verdura e legumi nella popolazione generale per ridurre il rischio cardiovascolare.
C’è tuttavia da sottolineare che, sebbene i risultati di questa metanalisi e degli studi sperimentali evidenzino un effetto benefico di un maggior apporto di potassio con la dieta sul rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2, il numero limitato di studi inclusi non permette di trarre conclusioni definitive.
Quali scenari di aprono su questo fronte e quali i filoni di ricerca più promettenti da indagare?
In considerazione delle implicazioni del diabete mellito tipo 2 nel rischio cardiovascolare e della mancanza di raccomandazioni delle linee guida internazionali riguardo al consumo di potassio sul controllo glicemico e sul rischio di diabete mellito tipo 2, sarà fondamentale effettuare studi clinici randomizzati e controllati degli effetti del potassio sulla omeostasi glicidica e il rischio di diabete di tipo 2. Questi studi dovranno avere come obiettivo principale quello di valutare l’effetto di un apporto moderato a lungo termine di potassio con la dieta oppure con supplementazione per determinare i meccanismi alla base della relazione con il metabolismo glucidico e quindi sul rischio di sviluppare diabete mellito tipo 2 e in grado di valutare le potenziali interazioni con l’età, le diverse etnie e le patologie associate.
Nicola Miglino