Peperoncino, Crea: consumi in crescita, ma made in Italy penalizzato

31 Maggio 2022

La domanda di peperoncino dei consumatori italiani è in crescita continua, ma la produzione nazionale è scarsa e copre solo il 30% del fabbisogno. Il resto proviene da mercati extra-Ue (2mila tonnellate annue da Cina, Egitto, Turchia), viene importato a prezzi stracciati (1/5 in meno) e si caratterizza per i bassi standard qualitativi, che penalizzano la filiera Made in Italy.

La denuncia da un evento promosso nei giorni scorsi a Roma dal Crea, in collaborazione con la Rete rurale nazionale, che ha visto ricercatori di diverse discipline (agronomia, botanica, nutrizione, pedologia) e produttori confrontarsi, alla presenza del Sottosegretario Mipaaf Francesco Battistoni, sulle prospettive di un prodotto che potrebbe ancora crescere molto e che è uno dei simboli gastronomici del nostro Paese.

In Italia, sottolineano gli esperti, da 10 kg di peperoncino fresco si ottiene 1 kg di prodotto essiccato, macinato in polvere pura al 100% e commerciabile a 15 euro, mentre il medesimo prodotto proveniente dalla Cina ha un costo di soli tre euro, ed è il risultato di tecniche di raccolta e trasformazione molto grossolane, con le quali la piantina viene interamente triturata, compresi picciolo, foglie, radici, con scarse garanzie di qualità e requisiti fitosanitari ben diversi da quelli rispettati nel nostro Paese.

La polvere stessa è per sua natura facilmente sofisticabile e anche quando il peperoncino viene importato fresco o semi-lavorato da Turchia o Egitto, la sua qualità viene compromessa dall’utilizzo di molti conservanti.

“Occorre, dunque, una maggiore tutela del prodotto nazionale che, grazie al microclima e alle caratteristiche orografiche del terreno, trova nel nostro Paese l’ambiente ideale per la sua coltivazione, sottolinea una nota Crea.

“La creazione di denominazioni di origine territoriale, darebbe al consumatore garanzia di qualità, tracciabilità, salubrità e un valore aggiunto adeguato alla parte produttiva, incentivata ad aumentarne la coltivazione estensiva, presente oggi soprattutto in Calabria, Lazio, Basilicata, Campania e Abruzzo. Si verrebbe, così, incontro alla domanda sempre crescente dell’industria alimentare e alle esigenze dell’export, se pensiamo, per esempio, che nei Paesi Bassi va il 50% della produzione calabrese”.

Sono ormai note le potenzialità nutraceutiche di questa spezia, se utilizzata adeguatamente nell’ambito della nostra dieta mediterranea. Proprio la capsaicina, ovvero la sostanza che conferisce il sapore piccante al peperoncino, insieme ad altri composti bioattivi, i capsinoidi e composti polifenolici, aiuta la riduzione del rischio cardiovascolare e può contribuire a favorire la perdita di peso, ovviamente in associazione a una dieta ben equilibrata.  

Conclude il Crea: “Il sistema produttivo italiano, oltre a certificazioni di qualità, avrebbe, bisogno anche di un ammodernamento delle tecniche di lavorazione per abbattere i costi produttivi, a partire dal miglioramento varietale delle cultivar, per ottenere frutti concentrati sulla parte superiore ed esterna della pianta, più facilmente distaccabili nelle operazioni di raccolta con macchine agevolatrici”. (N.m.)

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