Latti formulati, Bmj: studi non affidabili e troppa ingerenza dell’industria

21 Ottobre 2021

Coinvolgimento eccessivo dell’industria, risultati quasi sempre favorevoli, scarsa trasparenza sui risultati e palesi conflitti di interesse. Giudizio pesantissimo quello che un gruppo di ricercatori riserva ai trial di valutazione dei latti formulati in seguito a una review pubblicata nei giorni scorsi sul British medical journal.

Per analizzare a fondo possibili bias nei trial clinici su questi prodotti, un team internazionale ha preso in esame 125 studi condotti a partire dal 2015 in cui almeno due formule venivano messe a confronto, per un totale di circa 24 mila bambini coinvolti sotto i tre anni di età.

Le ricerche erano state svolte prevalentemente in Europa (42%), Asia (28%) e Nord-America (18%) e prendevano in esame, in particolare, parametri quali peso corporeo, salute intestinale, assorbimento dei nutrienti e allergie.

L’analisi complessiva mostra come soltanto il 14% degli studi fosse indipendente e solo il 21% avesse obiettivi e outcome ben definiti e dichiarati. In aggiunta, nel 91% dei casi il protocollo non era pubblicamente disponibile.

L’80% dei trial presentava un alto rischio di bias rispetto all’outcome dichiarato, soprattutto in relazione a esclusioni inappropriate dei partecipanti nell’analisi finale al fine di cancellare o attenuare potenziali esiti negativi.

Ecco così che, inevitabilmente, il 90% degli studi presentava risultati favorevoli. Da non sottovalutare, poi, il fatto che i lavori esaminati, come dichiarano gli Autori, rappresentano soltanto una parte, quella pubblicamente disponibile, mentre ne esistono altri non di pubblico dominio.

Così concludono: “Gli studi sui latti formulati non sono affidabili e potrebbero non essere adeguatamente sicuri per chi vi partecipa. L'industria è pesantemente coinvolta, i risultati riportati sono quasi sempre favorevoli ed esiste poca trasparenza sugli obiettivi della sperimentazione o sulla comunicazione dei risultati. Quanto da noi verificato fa emergere la necessità di un cambio radicale nella conduzione degli studi per proteggere da una parte i partecipanti da potenziali danni e, dall’altra, i consumatori da informazioni fuorvianti".

Nicola Miglino

 

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