Il team di ricerca ha effettuato diversi campionamenti nell’area di dieci tra le più famose spiagge dell'Australia meridionale, da Coffin Bay a Port Lincoln, da Point Lowly e Whyalla sul Golfo di Spencer, alle famose spiagge metropolitane di Adelaide insieme a Victor Harbor, Robe e Kangaroo Island.
“Abbiamo riscontrato livelli medio-bassi di microplastiche di dimensioni inferiori a 5 mm nelle cozze, un vero e proprio filtro utile per analizzare i principali tipi di inquinamento che interessano l'ambiente”, dice Karen Burke da Silva, prima firma dello studio. “Microplastiche sono ovunque nel nostro ambiente marino e tendono a essere più abbondanti nei campioni vicino ai centri più popolati”.
Le tipologie di plastiche rinvenute includono poliammide, polietilene, polipropilene, resina acrilica e polietilentereftalato, che suggeriscono un’origine da particelle sintetiche e semisintetiche di oggetti monouso, prodotti a ciclo di vita breve, tessuti, corde per la pesca.
Così commenta Enzo Spisni, direttore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università Alma Mater di Bologna: “Il mare è diventato un mare di microplastiche. Si stima che oggi la massa delle microplastiche nel mare sia una decina di volte superiore a quella dello zooplancton. Piccole come il plancton, con odori chimici simili, vengono mangiate dagli animali marini planctonici entrando nella rete alimentare marina. Infestano l’intestino e le branchie dei molluschi, dei crostacei e dei piccoli pesci. In questi animali le microplastiche possono causare soffocamento o blocchi intestinali, ma anche bloccarne la crescita e ridurne il successo riproduttivo. In molti casi gli animali contaminati cambiano comportamento, forse perché non stanno bene, escono dai banchi e vengono predati più facilmente, contaminando i predatori più grandi. Alla fine, siccome il pesce, poi, lo peschiamo e lo mangiamo noi, le microplastiche arrivano abbondanti nel nostro piatto. Si stima che ognuno di noi mangi l’equivalente di una carta di credito a settimana. Con quali effetti? Sappiamo per certo che queste nell’intestino alterano il nostro microbiota esponendoci a infiammazione e alla sindrome dell’intestino gocciolante. Poi sappiamo che le nanoplastiche determinano infiammazione in vari tipi cellulari, neuroni inclusi e riescono a raggiungere il cervello, alterando memoria e capacità cognitive e causando anche neurodegenerazione. Anche il nostro apparato riproduttivo sembra essere attaccato da micro e nanoplastiche. Insomma, sappiamo che siamo circondati da un mare di micro e nanoplastiche, sappiamo che le mangiamo, le beviamo, le respiriamo e quindi è normale che si ritrovino nel sangue di soggetti sani. Stiamo mettendo a rischio la nostra salute e quella degli altri animali su questo pianeta a causa del mare di plastica che abbiamo sparso nel mondo. Però, di ridurne la produzione per legge, o di tassarla e renderla economicamente non più conveniente, non si ha ancora il coraggio di parlarne”.
Nicola Miglino