Covid-19, studio italiano svela correlazione tra gravità e deficit di vitamina D

11 Novembre 2020

Bassi livelli di vitamina D sono correlati da una parte ad aumento di Il-6 e, dall’altra, a una maggiore gravità di Covid-19. Questi i risultati di uno studio osservazionale condotto da un gruppo di lavoro dell’Università di Siena e dell’Irccs Istituto auxologico italiano, comparso nei giorni scorsi nell’area First Look on Ssrn delle riviste del gruppo The Lancet, spazio open access dove vengono raccolti lavori in attesa della peer review e prima dell’effettiva pubblicazione.

I ricercatori offrono così un contributo originale al dibattito sul ruolo della vitamina D nella progressione della malattia.

Sono stati presi in esame 103 pazienti ricoverati per Covid-19 di grado moderato/severo all’Ospedale San Luca di Milano tra il 9 marzo e il 30 aprile di quest’anno e 52 soggetti Sars-CoV-2 positivi ma lievemente sintomatici. Il gruppo di controllo era costituito da 206 soggetti sani. Per ciò che concerne i contagiati, in tutti i casi sono stati rilevati i valori di 25OHD, al momento del ricovero o al riscontro di positività al tampone molecolare. Per la definizione di carenza di vitamina D è stato considerato un valore ≤50 nmol/L.

I risultati evidenziano una differenza significativa per i livelli medi di 25OHD tra i pazienti Covid-19 di grado moderato/severo (45,5 nmol/L), rispetto ai lievemente sintomatici (75,8 nmol/L) e ai controlli (63,5 nmol/L).  

Dopo il ricovero, 52 pazienti sono stati trasferiti in terapia intensiva. In questi ultimi, i livelli di 25OHD e Il-6 sono risultati rispettivamente più bassi e più alti rispetto a quelli di chi non si era aggravato (36 vs 56 nmol/L; 43,0 vs. 16,0 pg/mL). Differenze simili sono state riscontrate nel confronto tra deceduti in ospedale e guariti (33 vs 48,3 ng/mL; 45 vs 21 pg/mL).

“Nella nostra analisi si osserva un deficit di vitamina D nei pazienti con malattia di moderato/severo rispetto ai lievemente sintomatici o ai soggetti sani. Tali livelli si correlano anche alla gravità della malattia, al suo peggioramento e alla mortalità” commentano gli Autori. “Si tratta di dati che confermano come bassi livelli di vitamina D possano favorire il peggioramento del quadro clinico verso una situazione di grave distress respiratorio, con aumento del rischio di mortalità durante di ricovero. La relazione inversa tra concentrazione di 25OHD e Il-6, una citochina coinvolta nella risposta infiammatoria, contribuisce a caratterizzare il possibile ruolo esercitato dalla vitamina D in questa malattia. Il-6 è infatti cruciale nella regolazione della risposta infiammatoria e livelli elevati nei pazienti Covid-19 sono stati ripetutamente correlati alla gravità e alla prognosi della malattia. Da notare, a questo proposito, che già una nostra precedente ricerca aveva evidenziato come una supplementazione con vitamina D fosse in grado di ridurre Il-6 e lo stato infiammatorio conseguente a terapia con bisfosfonati in soggetti con livelli di vitamina D inferiori a 50 nmol/L”.

Tra i limiti dello studio sottolineati dagli autori, l’esiguità del campione e il disegno osservazionale, che non consente conclusioni su un rapporto causa/effetto, in quanto potrebbe essere la stessa malattia a determinare deficit di Vitamina D e non viceversa.

Così concludono: “Le nostre osservazioni, considerato il basso costo e la sicurezza di una supplementazione di vitamina D, sottolineano la necessità di studi di intervento tesi a valutare l’efficacia di una terapia sostitutiva con colecalciferolo nel prevenire l’insufficienza respiratoria in pazienti con infezione da Sars-CoV-2”.

Nicola Miglino

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