Il ruolo chiave del microbiota intestinale nella conquista dello spazio

09 Dicembre 2020

In collaborazione con Yakult Italia

Nella lunga corsa allo spazio il mantenimento di un buono stato di salute degli astronauti diviene sempre più decisivo, considerati i tempi di permanenza in condizioni di assenza di gravità e stress di varia natura che vanno via via allungandosi anche per raggiungere mete sempre più lontane. Per questo, gli esperti da tempo stanno studiando quale possa essere la dieta ottimale per garantire il miglior assetto alle diverse funzioni biologiche fuori dalla terra.

Di conseguenza, molte delle attenzioni si stanno rivolgendo alla composizione del microbiota intestinale, nel tentativo di comprendere come venga influenzato dalle nuove condizioni ambientali e come, a sua volta, possa determinare ricadute a livello gastrointestinale, musculo-scheletrico, immunologico e neuro-comportamentale.

A fare il punto, una review pubblicata di recente su Frontiers of physiology.

“Il nostro obiettivo era di raccogliere dati e informazioni sugli effetti che le modifiche del microbiota intestinale determinano prima, durante e dopo la missione” sottolineano gli Autori. “Gli astronauti, infatti, sono sottoposti a diversi stimoli stressogeni, dall’assenza di gravità, alle radiazioni cosmiche, dalle restrizioni dietetiche, alla privazione del sonno, all’alterazione del ritmo circadiano che, nell’insieme, costituiscono il cosiddetto esposoma. Ebbene, gli studi a oggi disponibili dimostrano che l'esposoma spaziale è in grado di influenzare pesantemente la composizione del microbiota intestinale, alterando la condizione di omeostasi dell’organismo. Strategie mirate a preservare un profilo eubiotico potrebbero aiutare a mitigare tali effetti. Ciò si potrebbe garantire con diete in grado di favorire la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA), integrate dalla somministrazione di prebiotici e probiotici ad azione sinergica. I probiotici allo studio, compreso L. casei Shirota, già protagonista di alcuni test per valutare la capacità di sopravvivenza delle cellule nello spazio, potrebbero rappresentare un’opzione sicura in grado di contribuire a contrastare dismetabolismi, perdita muscolare e ossea e alterazioni di carattere neuro-comportamentale. Servono ora studi clinici dedicati per capire come mettere a punto prodotti specifici da utilizzare durante le missioni”.

 

 

 

 

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