NAFLD e diabete: modulazione dell’infiammazione con la dieta

21 Settembre 2022

In collaborazione con Norsan

Il numero di soggetti caratterizzati da sovrappeso, diabete mellito di tipo 2 e alterazioni della funzionalità epatica legate a un fegato steatosico è in costante aumento. Younossi et Al. nel 2016 [1] indicavano la prevalenza globale di steatosi epatica non alcolica (NAFLD) al 25,24% (CI 95%: 22,10-28,65), con la più alta prevalenza in Medio Oriente e Sud America e la più bassa in Africa.

Spesso, le cause risiedono nell’alimentazione e nello stile di vita, favorenti uno stato di infiammazione silente, anticamera di vere e proprie malattie cardiometaboliche. È importante migliorare l’assunzione dei macronutrienti, ottimizzando l’apporto di sostanze nutritive essenziali che concorrono alla regolazione dell'infiammazione.

Presupposto metabolico: il sovraccarico del sistema

Il glucosio, assunto come zucchero semplice o complesso e spesso in eccesso, viene convertito in stock lipidico via de novo lipogenesi, che avviene nei muscoli e nel fegato [2]. Con il passare del tempo, si sviluppa un'infiammazione asintomatica, la cosiddetta infiammazione silente, sia nel tessuto adiposo sia nei tessuti degli organi, e la capacità metabolica peggiora ulteriormente[3].

Implicazioni metaboliche: rischio NAFLD e diabete mellito

L'accumulo eccessivo di grasso nel fegato, legato allo stile di vita (non relativo all’eccessivo utilizzo di alcol), è noto come NAFLD. Tale condizione comporta una maggior tendenza dell’organo a rilasciare grasso nel sangue, favorendo ipertrigliceridemia, basso colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità) e colesterolo LDL elevato (lipoproteine a bassa densità). Inoltre, il rilascio della quantità corretta di glucosio da parte del fegato è regolato dall'insulina. Un fegato grasso tende però a resistere all’azione dell’insulina. Pertanto, la NAFLD rappresenta un considerevole fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2 [4].

Iniziare dalla radice: modulare l'infiammazione

È importante, oltre all’incremento dell’esercizio fisico [5], prediligere alimenti ad alto contenuto di nutrienti in grado di agevolare la regolazione dell'infiammazione, spesso silente, alimentata peraltro dall’eccesso di grassi Omega-6 assunti quotidianamente rispetto agli Omega-3.

 

 

Fig. Livelli ematici globali della somma di EPA e DHA. Stark et Al., 2016

Una scelta ottimale e sicura è quella di assumere un integratore alimentare ad alto dosaggio naturale di Omega-3, EPA e DHA, con un valore TOTOX (Total Oxidation Value) inferiore a 4. Gli Omega-3 sono in grado di impattare sulla generazione di metaboliti attivi quali le resolvine, le maresine e la neuroprotectina-D1, legate al controllo e alla risoluzione dell’infiammazione [6,7]. A partire dalla cattura di pesci selvatici pescati in modo sostenibile (standard internazionale in merito è la certificazione Friend of the Sea), le fasi di neutralizzazione, pulizia delicata e microdistillazione in assenza di ossigeno, portano all’ottenimento di un olio di pesce che verrà successivamente filtrato a freddo per non alterarne le caratteristiche di eccellenza, nonché purificato dalla presenza di eventuali metalli pesanti, sostanze inquinanti e policlorobifenili. Gli oli omega-3 così ottenuti (commercializzati a marchio NORSAN in Italia) racchiudono tutte queste caratteristiche, con l’obbiettivo di coprire una parte di acidi grassi Omega-3.

Diversi sono gli studi che negli ultimi anni, dimostrano che l’assunzione di 2-3 grammi al giorno di ω-3 PUFA ha un effetto positivo su parametri quali glicemia e HOMA-IR, dimostrandosi d’aiuto nel rallentare l’insorgenza di patologie come il diabete mellito di tipo 2 [8].

Prof. Giuseppe Derosa, MD, PhD, FESC

Responsabile del Centro Universitario di Diabetologia e Malattie Metaboliche

Università di Pavia

 

Bibliografia

[1] Younossi ZM, Koenig AB, Abdelatif D, Fazel Y, Henry L, Wymer M Global epidemiology of nonalcoholic fatty liver disease: Meta-analytic assessment of prevalence, incidence, and outcomes. Hepatology. 2016 Jul; 64(1):73-84 doi: 10.1002/hep.28431. Epub 2016 Feb 22. PMID: 26707365

[2] Alves-Bezerra M, Cohen DE. Triglyceride Metabolism in the Liver. Compr Physiol. 2017 Dec 12;8(1):1-8. doi: 10.1002/cphy.c170012. PMID: 29357123; PMCID: PMC6376873.

[3] Blüher M. Adipose tissue inflammation: a cause or consequence of obesity-related insulin resistance? Clin Sci (Lond). 2016 Sep 1;130(18):1603-14. doi: 10.1042/CS20160005. PMID: 27503945.

[4] Caussy C, Aubin A, Loomba R. The Relationship Between Type 2 Diabetes, NAFLD, and Cardiovascular Risk. Curr Diab Rep. 2021 Mar 19;21(5):15. doi: 10.1007/s11892-021-01383-7. PMID: 33742318; PMCID: PMC8805985.

[5] Caspersen CJ, Powell KE, Christenson GM. Physical activity, exercise, and physical fitness: definitions and distinctions for health-related research. Public Health Rep. 1985;100(2):126-131.

[6] Calder PC. Omega-3 fatty acids and inflammatory processes. Nutrients. 2010 Mar;2(3):355-74. doi: 10.3390/nu2030355. Epub 2010 Mar 18. PMID: 22254027; PMCID: PMC3257651.

[7] Serhan CN, Chiang N, Van Dyke TE. Resolving inflammation: dual anti-inflammatory and pro-resolution lipid mediators. Nat Rev Immunol. 2008 May;8(5):349-61. doi: 10.1038/nri2294. PMID: 18437155; PMCID: PMC2744593.

[8] Derosa G, Cicero AF, D'Angelo A, Borghi C, Maffioli P. Effects of n-3 pufas on fasting plasma glucose and insulin resistance in patients with impaired fasting glucose or impaired glucose tolerance. Biofactors. 2016 May;42(3):316-22. doi: 10.1002/biof.1277. Epub 2016 Apr 4. PMID: 27040503.

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