Caffè e apparato digerente, analisi sfata luoghi comuni

04 Giugno 2020

Il caffè può aiutare a ridurre il rischio di alcune patologie dell’apparato digerente, tra cui la calcolosi biliare e la pancreatite, nonché favorire la motilità intestinale e agire positivamente sul microbiota intestinale. Queste le principali conclusioni di un rapporto sugli effetti gastrointestinali del caffè redatto, per conto dell’Institute for scientific information on Coffee (Isic), da Carlo La Vecchia, docente di Statistica medica ed epidemiologia all’Università di Milano.

Il documento nasce per fare chiarezza sui risultati contrastanti presenti in letteratura riguardo agli effetti del caffè sull’apparato digerente e, più in generale, sui meccanismi della digestione.

“Si tratta di un’area di ricerca in grande fermento” dice La Vecchia. “I dati indicano benefici contro comuni disturbi digestivi come la costipazione, nonché una potenziale riduzione del rischio di patologie più gravi come i calcoli biliari e la pancreatite correlata ".

Entrando più nel dettaglio, il lavoro mette in evidenza come il caffè sia in grado di favorire la liberazione di gastrina da ghiandole salivari e stomaco, agevolando così la produzione di acido gastrico per la digestione. La secrezione acida nello stomaco viene favorita anche da un’azione antagonista della caffeina sull’adenosina, noto inibitore della produzione di acido gastrico. Nessun effetto, invece, sullo svuotamento gastrico.

Bruciore di stomaco e reflusso gastroesofageo sono stati spesso correlati al consumo di caffè. La maggior parte degli studi, però, esclude un legame di questa natura, anche se emergono variabili in relazione al tipo di tostatura e, secondo La Vecchia, sarebbe meglio indagare più a fondo in quest’ambito.

Per quanto riguarda l’ulcera gastrica e duodenale, nonostante chi ne soffre tenda a escludere il consumo di caffè, non esistono evidenze di correlazione.

Il caffè, inoltre, stimola la produzione di colecistochinina che favorisce il rilascio di bile dalla cistifellea e di enzimi digestivi dal pancreas. I dati della letteratura suggeriscono anche una riduzione del rischio di calcolosi biliare e pancreatite correlata, con un effetto dose-dipendente. Sebbene in questo caso i meccanismi non siano chiari, è probabile che tutto ruoti intorno alla caffeina, giacché l’effetto pare non osservarsi in caso di decaffeinato.

A livello intestinale, infine, il caffè è in grado da una parte di stimolare la motilità riducendo il rischio di stipsi  e, dall’altra, di favorire la crescita di una microflora batterica sana grazie al contenuto in fibre e polifenoli.

Il caffè è consumato da milioni di persone in tutto il mondo ed è una delle bevande più richieste” conclude La Vecchia. “Contiene una varietà di composti tra cui caffeina, polifenoli, trigonellina e i diterpeni cafestolo e kaveolo che contribuiscono non solo al suo sapore unico ma anche ai peculiari effetti fisiologici. Quanto alle dosi consigliate, l’Efsa suggerisce un massimo di circa 400 mg di caffeina al giorno, considerando che una tipica tazza ne fornisce circa 75–100 mg e quella di un espresso circa 60 mg”.

Nicola Miglino

 

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