La supplementazione con acidi grassi Omega-3 è più protettiva, col passare degli anni, della vitamina D nei confronti delle malattie autoimmuni (Ad). Questa la conclusione di uno studio osservazionale su una popolazione di circa 20 mila individui che avevano partecipato al trial Vital, condotto per 5 anni, con l’obiettivo di valutare gli effetti di Vitamina D e Omega-3 nella prevenzione di malattie cardiovascolari e cancro.
Oggi si guarda con interesse agli effetti di diversi macronutrienti e micronutrienti su insorgenza ed evoluzione dell’artrite reumatoide. L'assunzione eccessiva di zucchero e l’eccesso calorico sono oggi ampiamente accettati come fattori di rischio, mentre esistono controversie sugli effetti di carne rossa, zinco, ferro, N-acetilcisteina (Nac), acidi grassi polinsaturi Omega-3, vitamina D e selenio, così come si continuano a rivalutare gli ingredienti estratti dalle piante per i loro effetti promettenti sulla prevenzione dell'insorgenza e sul miglioramento della gravità della malattia.
Impatto scarso e clinicamente poco significativo. Questo il giudizio finale sul ruolo che la dieta può giocare nella prognosi della malattia degenerativa osteoarticolare, secondo una review della letteratura condotta dall’European alliance of associations for rheumatology (Eular). Era il 2018 quando l’Eular decise di costituire un gruppo di lavoro volto a verificare quanto dieta, peso corporeo, attività fisica e consumo di alcol potessero avere ricadute sul quadro fisiopatologico ed è dei giorni scorsi la pubblicazione su Rmd Open, rivista del gruppo Bmj, dei risultati inerenti gli aspetti nutrizionali.
Pubblicata di recente su Nutrients, da parte di un gruppo interdisciplinare di clinici italiani, una review mirata a raccogliere le principali evidenze sugli effetti immunomodulanti della vitamina D e le possibili implicazioni su comparsa ed evoluzione di malattie immunomediate.