“Utili per correggere la carenza di micronutrienti o garantirne un adeguato apporto, gli integratori sono spesso assunti da persone sane, senza apparenti segni clinici di necessità e l’efficacia sulla prevenzione di malattie cardiovascolari, diabete, cancro e osteoporosi in questi soggetti è ancora controversa” sottolineano gli Autori. “Per questo abbiamo voluto esaminare a fondo cosa ci dicono gli studi randomizzati”.
Malattie cardiovascolari
L’analisi parte dalla valutazione di una review di 15 trial clinici randomizzati pubblicata nel 2018 che non evidenzia benefici dell’integrazione sull’incidenza di eventi cardiovascolari in pazienti con fattori di rischio. Diversi trial sull'acido folico, da solo o in combinazione con vitamine B12 o B6, hanno riscontrato riduzioni significative dei livelli plasmatici di omocisteina, senza però conseguente riduzione degli eventi cardiovascolari
Una review Cochrane del 2017 evidenzia un ridotto rischio di ictus con integrazione di vitamine del gruppo B in grado di abbassare i livelli di omocisteinemia, risultati però, a detta degli Autori, inficiato dal peso che nella revisione sistematica ha avuto un grande studio cinese.
Il Vitamin D and Omega-3 Trial (Vital), uno dei pochi studi randomizzati sull’impiego degli integratori nella prevenzione primaria di malattie cardiovascolari, non ha riscontrato alcun effetto della supplementazione di vitamina D (2.000 Ui/die) su infarto del miocardio, ictus, o morte cardiovascolare in persone sane e già precedenti studi (Women's health initiative calcium and vitamin D supplementation study 26 e Vitamin D assessment study) avevano mostrato un’assenza di effetti di un’integrazione di vitamina D, da sola o in combinazione con calcio, sul rischio cardiovascolare. Sempre nello studio Vital, l’assunzione di acidi grassi omega-3 (1 g/die) non ha ridotto il rischio di eventi cardiovascolari maggiori pur facendo riscontrare benefici per alcuni endpoint secondari come il numero complessivo di infarti miocardico. Dato, quest’ultimo, in linea con quanto già evidenziato da una metanalisi precedente.
Cancro
In ambito oncologico non vi sono evidenze di effetti preventivi garantiti da un’integrazione di vitamine e minerali, se non addirittura di qualche pericolo in più. L'integrazione con β-carotene, per esempio, ha aumentato l’incidenza di cancro ai polmoni tra soggetti ad alto rischio in due studi randomizzati, l’α-tocopherol, β-Carotene cancer prevention study e il β-carotene and retinol efficacy trial. Nel primo c’è stato un aumento del 18% del rischio relativo di Ca polmonare tra i fumatori che ricevevano β-carotene 20 mg/die rispetto a placebo mentre nel secondo il β-carotene (30 mg/die) più la vitamina A (25.000 Ui/die) aumentavano il rischio del 28% tra i fumatori e i lavoratori con esposizione professionale all'amianto. Per quanto riguarda la vitamina D, da sola o in combinazione con il calcio, non si evidenziano benefici né ad alte né a basse dosi, nonostante comunque vi siano alcune evidenze di un effetto sulla riduzione della mortalità totale per cancro. Per gli oli di pesce, in quest’ambito le evidenze sono davvero poche per suggerirne un ruolo.
Diabete di tipo 2
A oggi non ci sono evidenze a supporto dell’impiego di integratori a base di vitamine C o E, β-carotene o a base di olio di pesce per ridurre il rischio di diabete di tipo 2, sebbene siano pochi i trial randomizzati su questo fronte. Un recente studio controllato vs placebo sull'integrazione di vitamina D (4.000 Ui/die) non ha mostrato riduzione del rischio nonostante l'aumento significativo delle concentrazioni sieriche di 25-idrossivitamina D.
Osteoporosi
Troppi risultati contrastanti sulla riduzione del rischio di frattura con supplementazione di vitamina D e calcio. Si attendono i risultati delle tante ricerche in corso su questo fronte. Nel frattempo, un recente studio triennale ha comunque messo in guardia dai rischi di riduzione della densità ossea per alte dosi di vitamina D, (4.000-10.000 Ui/die).
Conclusioni
Pur avendo scelto come criterio guida la selezione di trial clinici randomizzati a discapito di quelli osservazionali, gli Autori ne riconoscono alcuni limiti: “Si tratta di studi condotti prevalentemente all’interno di popolazioni ad alto rischio e pertanto i risultati potrebbero non essere trasferibili automaticamente a soggetti sani. Inoltre, gli integratori possono avere benefici in particolari sottogruppi di popolazione, come per esempio tra chi ha un'assunzione inadeguata di nutrienti con la dieta, ma gli studi randomizzati non sono in genere disegnati per fare questo tipo di valutazioni. Infine, per motivi di costo o legati al disegno sperimentale stesso, la maggior parte degli studi è in grado di prendere in esame soltanto un dosaggio, il che può comportare la scelta di una dose o troppo bassa, senza alcuna efficacia o troppo alta, con ricadute negative. È fondamentale che la ricerca continui a impegnarsi nel cercar di comprendere al meglio quale ruolo possano giocare gli integratori rispetto alla dieta in una popolazione sana, piuttosto che in individui o gruppi di popolazione con specifiche carenze, come per esempio accade nei Paesi a basso e medio reddito”.
Nicola Miglino